Brescia, così Ayé non serve Da uomo d’area a equivoco

di Alberto Armanini
Tutta la delusione di Florian Ayé: il francese non segna dal 27 novembre
Tutta la delusione di Florian Ayé: il francese non segna dal 27 novembre
Tutta la delusione di Florian Ayé: il francese non segna dal 27 novembre
Tutta la delusione di Florian Ayé: il francese non segna dal 27 novembre

Costringere un attaccante d’area a girovagare per il campo è la peggior forma di accanimento tattico che ci sia. Nel caso specifico obbligare Florian Ayé, un giocatore che su 25 gol con il Brescia ne ha fatti 24 in area, a fare tutto tranne quello che in carriera gli è riuscito bene. Intesi, il dito non è puntato solo contro Daniele Gastaldello. Finché gli allenatori vengono assunti e cacciati come fossero stregoni alle prese con chissà quale formula magica, e si evita una qualsiasi forma di approccio razionale alle questioni di campo e di rosa, non si può andare tanto lontano (infatti si sta retrocedendo). Negli ultimi due anni ci hanno sbattuto la testa Inzaghi, Corini, Clotet, Aglietti e Possanzini. Lanciati, chiamati o richiamati per cambiare le cose, hanno goduto di pochissime concessioni tattiche arrivando tutti quanti, nessuno escluso, a una pericolosa costante di gioco: là davanti la palla arriva poco e male. Il centravanti di turno viene sempre servito in modo contrario alle sue caratteristiche. Lo scorso anno era Moreo, un trequartista atipico, al più una «spalla», che però veniva sollecitato come se fosse una prima punta. Oggi è Ayé, un uomo d’area a cui si chiede di essere quel che non può essere. I numeri non mentono. In tre campionati e mezzo con il Brescia ha segnato 25 gol: 24 in area di rigore, 1 fuori. Di quei 24 ben 9 li ha fatti nell’area piccola, altri 8 a ridosso della linea e solo 3 oltre i 16 metri del dischetto. E ancora, 18 su 25 li ha segnati guardando lo specchio, con una visuale di tiro pulita, spesso con un solo uomo tra sé e il portiere, oppure con la porta sguarnita. Ma allora, perché si continua a servirlo a chilometri dalla porta, girato di spalle, con l’obbligo di orientare la fase offensiva e difendere palloni che non può o non sa difendere? Perché non bombardare il cuore dell’area avversaria sperando che un pallone su tre gli piombi tra i piedi e vada a finire in porta? La heatmap del suo campionato - il grafico delle posizioni occupate in campo - dice che l’occupazione dell’area di rigore è minima. Il confronto con altri centravanti della categoria è impietoso. Eppure la storia della stagione 2020/21, quando Gastaldello era il vice di Clotet e il catalano si presentava a Brescia per la prima volta, dice che Ayè è uscito dalla paralisi del primo anno proprio grazie al presidio dell’area avversaria. Lì, prima o poi, qualche palla da buttare dentro arriva. Certo, Clotet era stato bravo a costruire attorno a lui un sistema di recupero alto del pallone, con interpreti capaci di convogliarlo nel punto in cui Ayé poteva fare male agli avversari. L’obiezione è che oggi non c’è uno come Bjarnason, vero ago della bilancia di quel Brescia, così come manca uno come Alfredo Donnarumma, quell’anno autore di 4 assist e 7 gol. Però le varianti non mancano. Uno degli enigmi di questa stagione riguarda il mancato passaggio al 4-2-3-1, lanciato a Perugia e durato solo fino all’espulsione di Karacic. È il sistema più razionale in una squadra che non ha un regista ma ottimi mediani, che ha un esterno sinistro di gamba e qualità come Galazzi, che può contare su Rodriguez a destra e può istituzionalizzare l’indolenza alla fase difensiva di Ndoj massimizzando la sua creatività tra le linee. Il tutto con un unico, grande, obiettivo: bombardare Ayè di palloni piazzandolo nell’area avversaria ad aspettare le occasioni buone di cui sopra. Non è un caso che quest’anno il francese non abbia ancora segnato nell’area piccola. E ha segnato 3 gol di testa, 2 dei quali dando le spalle alla porta, un pezzo del repertorio che proprio non gli appartiene. Visto e considerato che il mercato è chiuso e Ayé è quel che passa il convento, non ci sono tante alternative: o provarci o aspettare il prossimo stregone. Sperando nel frattempo di riuscire a rimettere in piedi un campionato che scricchiola sempre più paurosamente.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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