Dalla Serie A
alla salvezza?
Ok, basta dirlo chiaro e forte

di Vincenzo Corbetta
Filip Jagiello cerca di districarsi tra compagni e avversari: a Pisa il polacco non ha brillatoStefano Sabelli, 27 anni, con il  presidente Massimo Cellino, 64
Filip Jagiello cerca di districarsi tra compagni e avversari: a Pisa il polacco non ha brillatoStefano Sabelli, 27 anni, con il presidente Massimo Cellino, 64
Filip Jagiello cerca di districarsi tra compagni e avversari: a Pisa il polacco non ha brillatoStefano Sabelli, 27 anni, con il  presidente Massimo Cellino, 64
Filip Jagiello cerca di districarsi tra compagni e avversari: a Pisa il polacco non ha brillatoStefano Sabelli, 27 anni, con il presidente Massimo Cellino, 64

Le prime mosse sul mercato di Massimo Cellino (la cessione di Torregrossa, l’arrivo di Karacic che prelude all’addio di Sabelli, le voci di partenza di altri big come Bisoli e Donnarumma) fanno pensare a un ridimensionamento delle ambizioni da parte del Brescia. E da via Solferino trapela la volontà del presidente di cambiare l’obiettivo: dal ritorno immediato in A, dichiarato all’inizio della stagione, a quello della permanenza in B. Scandalo? Costernazione? Ignominia? Sicuramente tristezza. Ma bisogna essere trasparenti, dirlo forte e chiaro per non alimentare equivoci e inutili aspettative. L’altra domanda è: perché questo repentino cambio di programmi? Cellino - lo si è ripetuto spesso - è inappuntabile quando si parla di bilanci. Le sue società, dal Cagliari al Leeds, sono state lasciate con i conti più che a posto. Ma anche in Sardegna e in Inghilterra la gestione tecnica è stata a dir poco discutibile: continui esoneri (a volte giustificati, a volte no), viavai di dirigenti e figure societarie (basti pensare a Edoardo Piovani, storico team manager biancazzurro, in cassa integrazione da mesi), repentini cambi di strategia: ciò che vale il giorno prima, è contraddetto il giorno dopo. ADESSO il cambio di rotta in pieno mercato, con il giro di boa a una sola partita, il posticipo di lunedì prossimo contro il Monza di Berlusconi e Galliani, contro gli ex Brocchi e soprattutto Balotelli, che ancora non si sa se giocherà al Rigamonti, ma se giocasse la serata si annuncerebbe pepatina, visti i trascorsi recenti non proprio idilliaci. L’auspicio è che a fine mese, al termine del mercato, il Brescia si ritrovi sì senza alcuni dei suoi big storici (la strada sembra segnata) ma rivoluzionato con giocatori di provato valore per la categoria, pronto a rimettersi in marcia per entrare stabilmente nella parte sinistra della classifica. Una pia illusione? È possibile che la squadra con il record cadetto di partecipazioni (62 con il campionato in corso) debba relegarsi a un ruolo da comprimaria? E questo ridimensionamento di ambizioni dipende solo dalla pandemia, dalle condizioni che da quasi un anno sono cambiate (in peggio) per tutti? Un altro discorso riguarda la squadra e il lavoro di Davide Dionigi. Anche a Pisa troppi giocatori non erano in condizione e non è possibile, per questo, incolpare l’allenatore, arrivato da un mese in una fase di calendario ingolfatissimo con 7 partite in 23 giorni. Semmai ci si deve chiedere cosa è stato fatto prima: perché troppi giocatori non stanno in piedi? In un’estate già anomala di suo, Delneri si è ritrovato a guidare un gruppo non completo ed è durato 2 giornate, le prime. Lopez ha avuto più tempo e conosceva già i giocatori dopo averli accompagnati - da febbraio ai primi di agosto - nella discesa verso la B. Dionigi durante la sosta ha iniziato una vera e propria preparazione e i frutti si inizieranno a vedere tra un paio di settimane, in coincidenza con la fine del mercato. Se le ambizioni saranno ridimensionate, si vedrà dalla rosa. Ma la chiarezza, in questi casi, rende commestibili anche le pillole più amare. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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