Formula Inzaghi, 3 mesi per cambiare il Brescia

di Gian Paolo Laffranchi
L’esultanza dei biancazzurri dopo il successo ottenuto contro il Cosenza allo stadio Rigamonti col punteggio di 5-1: l’operazione-rilancio ha come obiettivo la Serie A AGENZIA FOTOLIVEFilippo Inzaghi: allenatore del Brescia da 3 mesi, ha già vinto il campionato di Serie B con il Benevento FOTOLIVE
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Cosa puoi fare in 3 mesi, nella vita? Nel calcio, di solito, mica tanto. Soprattutto se di quei 3 mesi più di 2 sono dedicati ad ambientamento, preparazione, allenamenti e campagna acquisti. Ma Filippo Inzaghi ha tempi diversi da quelli dei comuni mortali calcistici. Non era mica soprannominato SuperPippo per niente. In campo si faceva bastare pochi minuti per decidere le partite e vincere i trofei. Da quando allena brucia le tappe nella costruzione di una squadra vera. Rosa completa, ogni giocatore nella sua posizione e alternative per ogni ruolo, una manovra dai meccanismi semplici quanto efficaci, con certezze assodate: riuscirci fra giugno e settembre non è da tutti. Da Inzaghi sì. Tre mesi, oggi, sono passati da quando veniva ufficializzato l’arrivo di Inzaghi a Brescia. Contratto biennale perché «c’è un progetto», confermava al suo fianco durante la presentazione nello store del club il presidente Massimo Cellino. L’obiettivo? «Far bene, valorizzare i giovani»: non la Serie A. Ma qui sta il primo balzo compiuto dal nuovo allenatore, capace di convincere presto il presidente dell’opportunità/necessità di rinforzare la rosa colmando ogni lacuna. Un cambio di mentalità che ha indotto lo stesso Cellino a indicare il nuovo traguardo: «Sì, puntiamo alla A». L’investimento c’è stato ed è un gioco che vale la candela, in un campionato lungo come la Serie B. Una maratona estenuante in cui i giocatori sono come le energie: più ne hai meglio è. Se Huard ha perfezionato il reparto difensivo e fra i pali Linner e Perilli sono i rincalzi di Joronen, a centrocampo è stata ricostruzione con gli arrivi di Tramoni e Leris, Bertagnoli e Cavion, oltre al ritorno di Jagiello. Non sono partiti i big Bisoli e Ndoj, la concorrenza è feroce al punto che di mediane titolari plausibili se ne potrebbero schierare due differenti. In attacco, poi, ecco Bajic, Moreo e Palacio (quasi quarant’anni ma una condizione invidiabile dopo una carriera lunga e prestigiosa). Inzaghi voleva l’imbarazzo della scelta e l’ha avuto. È la classica bicicletta, una squadra del genere: poi bisogna pedalare. Niente che possa spaventare l’allenatore del Brescia, che dopo gli ottimi risultati con il Venezia (promozione in B e playoff) si è visto consegnare un Benevento da promozione e l’ha condotto alla meta con una cavalcata trionfale. Missione da ripetere in biancazzurro. Due partite, 2 vittorie e 7 gol messi a segno fra Ternana e Cosenza. Il Brescia non era mai partito così bene in 110 anni di storia. Preciso come un orologio, produce tanto e rischia poco. L’ambiente, demoralizzato dopo l’uscita al primo scoglio playoff contro il Cittadella, si è ridestato e ha ritrovato l’entusiasmo grazie all’adrenalina di un allenatore cresciuto in curva che capisce la passione dei tifosi: è la stessa che prova lui. In questa condivisione, di sentimenti e d’intenti, sta il grande lavoro svolto in soli 3 mesi da Inzaghi. Che si è fatto bastare poco per rivoluzionare il Brescia.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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