Gigi Cagni

di Vincenzo Corbetta
Gigi Cagni, 71 anni: nel Brescia 9 anni da difensore con 262 presenze e 3 reti; 2 mesi e mezzo da allenatore in B nel 2017 con la salvezza FOTOLIVE
Gigi Cagni, 71 anni: nel Brescia 9 anni da difensore con 262 presenze e 3 reti; 2 mesi e mezzo da allenatore in B nel 2017 con la salvezza FOTOLIVE
Gigi Cagni, 71 anni: nel Brescia 9 anni da difensore con 262 presenze e 3 reti; 2 mesi e mezzo da allenatore in B nel 2017 con la salvezza FOTOLIVE
Gigi Cagni, 71 anni: nel Brescia 9 anni da difensore con 262 presenze e 3 reti; 2 mesi e mezzo da allenatore in B nel 2017 con la salvezza FOTOLIVE

Gigi Cagni ha tenuto a battesimo l’Inzaghi giocatore e segue anche il percorso dell’Inzaghi allenatore, soprattutto adesso che è nel Brescia. Ma ad attirare la sua attenzione, è anche il discorso della brescianità del presidente Massimo Cellino. Cagni, concorda con la filosofia celliniana? Visto il suo passato, non dovrebbero esserci dubbi. Il discorso è giusto, il ragionamento fila ma resta un dubbio. Quale? Cellino crede a quel che dice? Se non ci crede lui... Quel che ha detto è molto intelligente, condivisibile al 100 per cento. Ma non so se sia realizzabile. Intanto, non conosco il settore giovanile del Brescia, non so se ha giocatori che in futuro possono trovare spazio stabilmente in prima squadra. Però... Però? Cellino di calcio se ne intende davvero. Ma non ho elementi per giudicare. Conoscevo bene gli allievi e la Primavera del Brescia quando allenavo la prima squadra. Piuttosto, spero che il presidente non si riferisse solo ai 3 che erano con lui alla presentazione. Si riferisce a Papetti, Cistana e Mangraviti. Se si riferisse solo a questi, il ragionamento non reggerebbe: sta parlando di futuro e non si può basare il futuro su 3 giocatori. Cellino ha detto anche che, se non fosse retrocesso, non avrebbe mai ceduto Tonali. E io vi dico che l’avrei fatto esordire, se avessimo vinto contro il Latina e la Pro Vercelli e fossimo arrivati in un’altra situazione nella sfida finale contro il Trapani. Tornando al presente, come vede il Brescia? Bene, molto bene. È una squadra i gol li fa, ha il miglior attacco della categoria, ma deve trovare l’equilibrio difensivo. In estate avevo detto che se fossi stato nel presidente del Brescia, avrei preso un centrale esperto: è l’unica cosa che manca nella rosa attuale. Se lo prende, vince il campionato in carrozza. E lo ribadisce adesso che sono passate le prime 7 giornate? Assolutamente. Guardate la partita contro il Como. Trovi l’avversario che ti fa 4 gol tirando in porta 5 volte e a te non basta segnare 2 reti, che mica sono poche. È andato tutto storto. In più rimani in 10 alla fine. Ma il problema della retroguardia a Brescia esiste e non da oggi. Posso farvi un piccolo ragionamento? Prego. Questo è un concetto che esiste da quando c’è il gioco del calcio. Se vuoi vincere, devi avere degli equilibri. Nelle partite che ho visto del Brescia in questa stagione, manca proprio quel pezzettino. Inzaghi sta facendo bene, ma deve risolvere il problema delle troppe reti incassate, altrimenti diventa dura. Ma negli ultimi anni in B vince il campionato chi segna di più e il Brescia di Corini insegna. Ma non bisogna ridurre tutto a chi fa più gol. Il discorso è un altro, ovvero la proporzione tra reti fatte e prese. Inzaghi dice sempre che basta segnare un gol in più dell’avversario. A Pippo ho mandato un messaggio qualche settimana fa. E gli ho detto: finché fai più gol di quelli che prendi, va bene. Ma dopo non può andare avanti così. E se sei sempre costretto a farne uno in più degli altri, vuol dire che la tua difesa regolarmente incassa. Non è un concetto mio, ma è vecchio come il calcio: per vincere, devi prendere meno gol. Eppure oggi i discorsi sul gioco offensivo... Vogliono far passare il calcio moderno solo come calcio d’attacco. Prendiamo Sarri: è il tecnico italiana che più passa per offensivista. Bene; so che per certo che la prima cosa che cura nei suoi allenamenti è la fase difensiva. Non è il solo. Un allenatore fa la fase offensiva e pensa già a non prenderle. Se tu lavori tutto il tempo sulla linea, sui difensori, sul fuorigioco, che fase è? Non è quella offensiva. È quella che faceva Sacchi al Milan. Altro che calcio offensivo! Solo Zeman cura esclusivamente la fase d’attacco. Certo, ma a parte un campionato con il Foggia non ha vinto niente. Dunque, più facile vincere... alla Cagni? Io, quando ho vinto, è perché avevo giocatori bravissimi. Ma prendiamo l’esempio del Brescia. Quando sono arrivato, ho trovato una squadra che aveva preso più di 50 gol e aveva perso 7 delle ultime 9 partite: cifre che ancora adesso mi fanno rabbrividire. La prima cosa che ho detto ai giocatori è stata: cerchiamo di non prendere gol e portiamo a casa anche dei pareggi. Infatti, 4 punti nelle prime 4 fare della sua gestione frutto di altrettante «X». Abbiamo iniziato a prendere meno gol. Nelle 8 partite rimanenti ho costruito la salvezza, ma perché prima ho dato certezze alle spalle. In 12 giornate ho vinto 4 volte e perso una sola. I pareggi servivano per non perdere terreno, ridare coraggio a una squadra sfiduciata e portare una mentalità giusta. Cosa deve fare Inzaghi? Ai miei presidenti ho sempre detto: i campionati non si vincono all’inizio. Io chiedevo almeno 10 partite per capire i problemi e poi mi serviva altro tempo per risolverli. E dopo 7 giornate si può iniziare a capire qualcosa? A Inzaghi sono servite per valutare il positivo e il negativo della squadra, ma poi gli servirà altro tempo per mettere a posto ciò che non va. Come vede il rapporto tra Inzaghi e Cellino? Con Pippo parliamo di uno che ha vinto 2 Champions, il Mondiale, scudetti. Ha allenato il Milan di Berlusconi. Ha personalità e bravura, può fare qualsiasi cosa. Penso che non abbia problemi a convivere con Cellino. Una volta era più facile per un bresciano giocare nel Brescia? Ho fatto 9 anni in biancazzurro e ho avuto un vantaggio: ero del Carmine, il cuore storico della città. Ma quello che ho conquistato, me lo sono meritato. Noi bresciani di quegli anni eravamo troppo forti. Con me c’erano Busi, Salvi, Botti, Guerini, Damonti, Inselvini, Turra, un giovanissimo Beccalossi. E di sicuro ne dimentico qualcuno. In campo si parlava il dialetto. Spero che si possa ripetere. Soprattutto che Cellino ci creda. •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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