Il Brescia è maestoso: consolida il trono con un ribaltone da re

L’incontenibile gioia dei giocatori del Brescia dopo l’incredibile, fantastica affermazione contro il CosenzaSERVIZIO FOTOLIVE / Federica Roselli
L’incontenibile gioia dei giocatori del Brescia dopo l’incredibile, fantastica affermazione contro il CosenzaSERVIZIO FOTOLIVE / Federica Roselli
L’incontenibile gioia dei giocatori del Brescia dopo l’incredibile, fantastica affermazione contro il CosenzaSERVIZIO FOTOLIVE / Federica Roselli
L’incontenibile gioia dei giocatori del Brescia dopo l’incredibile, fantastica affermazione contro il CosenzaSERVIZIO FOTOLIVE / Federica Roselli

Questa è un’impresa maestosa. Un ribaltone da re. Il secondo tempo con cui il Brescia rovescia il Cosenza, in doppio vantaggio all’intervallo, è da capolista autentica. È da squadra che sa bene cosa c’è in gioco e conosce il modo per andarselo a prendere. L’unico: attaccare, fare la partita, sfruttare al massimo l’arma migliore, il potenziale offensivo. A Cosenza, contro un avversario che aveva la miglior difesa casalinga con sole 10 reti incassate (ma 3 erano virtuali per lo 0-3 a tavolino con il Verona alla prima giornata), il Brescia domina per 60 minuti su 90. Parte bene e chiude il primo tempo ponendo le basi per una ripresa da dominatore assoluto. Ma va in cortocircuito alla prima botta del Cosenza, dopo 18 minuti, piuttosto casuale nella dinamica (deviazione di Romagnoli su conclusione dalla distanza di Bruccini: Alfonso è spiazzato), e subisce il bis dall’ex Embalo, che di testa si ricorda di avere segnato forse nel settore giovanile. Il Cosenza, nella sua parentesi dominante, impressiona per ritmo, velocità, aggressività. Insiste molto sulla sinistra, la fascia dove c’è un Legittimo proprietario e Sabelli non suda freddo solo quando gioca nella metà campo altrui. LA GARA di Sabelli è la sintesi perfetta non solo del pomeriggio cosentino, ma di tutto il campionato. Se il Brescia prende in mano le redini, non ce n’è per nessuno. Se temporeggia, se si fa sopraffare ha frangiflutti di cartapesta. I numeri non mentono: 56 gol all’attivo, 35 al passivo in 27 gare. Perdere come nel primo tempo fa rabbia, ma se Garritano al 40’ della ripresa sul 2-2 non avesse sprecato su Alfonso un contropiede fulminante, poco male: il Brescia era all’offensiva perché non si accontentava del pari. Meglio prendersi qualche rischio per ottenere il massimo. È la strada maestra. Se i rischi si evitano, quasi certo rimetterci le penne. «Benedetta questa doppia sosta», sospira Corini. Servirà a rimettere in sesto uomini chiave, bravi a rendere sostanziosa con lampi di classe una prestazione non maiuscola: Donnarumma con il rigore del 2-2 (nato da un suo appoggio per Torregrossa, falciato da Sciaudone) e l’assist del 3-2 a Bisoli dopo aver nascosto il pallone a 3 avversari che, in piena area, lo stavano braccando schiumanti ma impotenti; lo stesso Bisoli, nel primo tempo spaesato e timoroso, con l’accelerazione al 94’. E Tonali, gravato di un’ammonizione, bravo sulle sempre più sporadiche azioni di rimessa del Cosenza nella ripresa ad affrontare l’uno contro uno senza commettere falli da secondo giallo, e il primo gli costerà la gara con il Foggia il 30. Ma ora come ora non è il prodigio dell’andata. C’È TUTTO QUESTO nell’incredibile trasferta con il Cosenza, sostenuto da oltre 10 mila persone, con code agli ingressi del «San Vito-Marulla» come non se ne vedono più negli stadi italiani, dai percorsi complicatissimi per fare 50 metri, e non accade solo a Cosenza. Così si gioca sulla passione di chi tifa e di chi lavora, perché anche raccontare calcio è una questione di amore, soprattutto se l’argomento è la squadra del cuore. Ma è tutta un’altra storia. La passione, per i 207 del settore ospiti, non può scemare con questo Brescia più azzurro di certi incantevoli panorami marini, dove tutti portano luccicanti pepite. Come Martinelli, entrato al 42’ della ripresa al posto di Tonali, e in 9 minuti, contando i 6 di recupero, capace di avviare l’azione 3-2 di Bisoli, datato 94’. Da queste parti si racconta del miracolo dell’agnello Martinello, un animale caro a San Francesco di Paola che un giorno fu rapito, cotto e mangiato da alcuni operai che poi ne gettarono le ossa in una fornace. Il santo, che all’agnello era affezionato, disperato lo chiamò ad alta voce e Martinello uscì dalle fiamme sano e in vita. Se il Brescia è uscito da Cosenza sano e in vita, non lo deve certo a un miracolo. Nemmeno a una botta di fortuna. Lecce, Ascoli, Cremonese, ora Cosenza: se si recuperano così tanti punti oltre il 90’, una ragione c’è. Ed è la ragione di chi non ne vuole sentire: bisogna sapere cosa si vuole e come lo si ottiene. Con partite maestose, con ribaltoni da re. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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