Dario Bonetti festeggia i 60 anni in panchina

di Alberto Armanini
Per Dario Bonetti anche due presenze in Nazionale collezionate nel 1986
Per Dario Bonetti anche due presenze in Nazionale collezionate nel 1986
Per Dario Bonetti anche due presenze in Nazionale collezionate nel 1986
Per Dario Bonetti anche due presenze in Nazionale collezionate nel 1986

L'ultimo compleanno da allenatore, Dario Bonetti lo aveva vissuto sottosopra. Era il 5 agosto del 2016 e soltanto un giorno dopo avrebbe rassegnato le dimissioni dal Targu Mures, squadra di Serie A rumena. Insomma, l'esatto opposto del compleanno che festeggia oggi. Una ricorrenza speciale per almeno due motivi. Il primo è il traguardo: sessant'anni tondi tondi. «Ma avete fatto un errore di calcolo: sono cinquanta, non sessanta - scherza -. E a dirla tutta ne sento molti meno. Sono in forma, ho sempre un sacco di progetti, giro sempre, alleno». Il secondo motivo, ca va sans dire, è per la panchina ritrovata. E non certo una panchina qualsiasi, anche se in una situazione particolare. Dal 15 luglio Bonetti è tornato alla Dinamo Bucarest, la seconda squadra più titolata del Paese dopo la Steaua con 18 titoli di Romania e 13 coppe nazionali. La stagione è già entrata nel vivo e le prime partite di campionato hanno dato subito buone sensazioni. Fin qui la squadra ha avuto un buon inizio, con 2 vittorie su 3 partite, e vanta il miglior attacco del torneo con 6 gol segnati. Se il buongiorno si vede dal mattino… «Ma non pensate che sia semplice - dice -. La società è in mano ai tribunali, siamo in amministrazione controllata e la squadra è composta da soli giovani. Però non mi lamento. Anzi, sono molto stimolato. I giovani spesso ti danno più dei veterani, sono disposti ad ascoltarti se tu sei onesto con loro. E poi ho un calciatore davvero forte». Chi? «Si chiama Deian Sorescu, deve ancora compiere 24 anni. Ha forza, qualità, vede la porta e tira delle cannonate incredibili. Lo scorso anno faceva il terzino ma io l'ho impostato come esterno d'attacco nel 4-3-3 e i risultati si sono visti subito». Tre partite, cinque gol sui sei complessivi della squadra. «Potrebbe giocare già oggi in una grande. Sono questi i giocatori su cui bisogna puntare in Italia - assicura Bonetti -. Una società come il Brescia potrebbe prenderlo con poco e poi fra due o tre anni rivenderlo a 20 o 30 milioni». Gira e rigira si finisce sempre lì, a parlare di Brescia, un vecchio amore che il tempo non ha cancellato. «Ultimamente lo sto seguendo poco - ammette -. La B non è un campionato di alto livello ma per vincere servono tre cose. Una società che tracci la linea e la segua con coerenza, un allenatore e uno staff a cui vengano dati tempo e carta bianca e dei giocatori capaci di buttarla dentro. E se proprio volete saperlo il Brescia ne ha già uno in casa». Ayé? Bajic? «No, Donnarumma. In A era partito benissimo ma poi ha perso fiducia. Anche l'anno scorso non è andato bene. Però resta un calciatore bravissimo. Io non lo manderei mai via. C'è solo da restituirgli fiducia». Brescia, Roma, Samp, ancora Roma, Milan, Verona, Juve, di nuovo Samp e Spal. In 14 anni di carriera, da «stopper» granitico (ha il record di giornate di squalifica in A, 39) Dario Bonetti ne ha viste di tutti i colori. Ha vinto 4 Coppa Italia, 1 Coppa Uefa e una Supercoppa Italiana. Ha vestito la maglia della nazionale nel 1986. E ha perso la finale di Coppa dei Campioni nel 1984 contro il Liverpool. «Sono esperienze dirette che mi sono servite e ora mi danno tanto nel rapporto coi miei calciatori - dice -. Ho avuto grandi compagni, ho marcato Maradona e molti campioni e sono stato in società con grandissimi presidenti. Viola, Agnelli, Berlusconi. Difficile dire chi sia stato il più grande, ognuno lo è stato a modo suo. Anche Mantovani, che alla Samp ha fatto qualcosa di unico». Non è un caso se da quella Samp è uscita una colonia di futuri tecnici che ha portato la nazionale alla vittoria degli europei dopo 54 anni. «Hanno fatto qualcosa di strepitoso e non solo per la vittoria. Il Mancio e i suoi collaboratori hanno riavvicinato molta gente alla nazionale. Hanno portato la mentalità giusta e lanciato tanti giovani». Quello che oggi, a 60 anni appena compiuti, Dario Bonetti sogna in piccolo di fare con la Dinamo. «I giovani ti possono dare tanto. Spero di poter fare qualcosa di buono insieme a quelli che ho adesso. Sono arrivato una settimana prima che iniziasse il campionato e non avevano fatto un giorno di allenamento. Ho dovuto parlarci, fare tattica e lavorare molto». •. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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