L'ANNIVERSARIO

Mazzone e la folle corsa: dal derby ripreso all'ultimo alla nascita di un mito

di Alessandro Maffessoli
Vent'anni fa lo scatto sotto la curva degli atalantini dopo la rete del 3-3. La promessa di raggiungere i tifosi rivali dopo il secondo gol di Baggio Una volta raggiunto il pari l'allungo alla Jacobs del «gemello» di Carletto
Lo scatenato Carlo Mazzone scappa dalla marcatura di Leonardo Menichini e di Edoardo Piovani per correre sotto la curva dei tifosi atalantini
Lo scatenato Carlo Mazzone scappa dalla marcatura di Leonardo Menichini e di Edoardo Piovani per correre sotto la curva dei tifosi atalantini
Lo scatenato Carlo Mazzone scappa dalla marcatura di Leonardo Menichini e di Edoardo Piovani per correre sotto la curva dei tifosi atalantini
Lo scatenato Carlo Mazzone scappa dalla marcatura di Leonardo Menichini e di Edoardo Piovani per correre sotto la curva dei tifosi atalantini

Non è la «prima» in Champions League e nemmeno una vittoria scudetto. Ma per un bresciano vero domenica 30 settembre 2001 è una data destinata a restare scolpita nella storia. Vent'anni fa, come adesso. Come sarà tra altri 100. Il calendario della A propone il derby casalingo con l'Atalanta, una sfida tutt'altro che banale, non solo per rivalità o campanilismo.

È un incrocio di rivincite. Da una parte ci sono soprattutto Roberto Baggio, giocatore universale spinto dall'Italia intera verso un Mondiale 2002 poi guardato però solo dalla tv, e Carlo Mazzone, più volte «beccato» dal pubblico atalantino anche prima della sua esperienza biancazzurra. Dall'altra c'è Cristiano Doni, ex facilmente dimenticato sulla sponda orientale dell'Oglio e simbolo della ripartenza nerazzurra (ma poi il tempo sarà galantuomo anche nei suoi confronti e ognuno avrà ciò che merita). Al Rigamonti il tifo riscalda una delle prime domeniche autunnali. Pep Guardiola fa la sua prima comparsa allo stadio da neo giocatore biancazzurro. In campo la partita è incerta, combattuta e ricca di colpi di scena.Il Brescia, che deve riscattare il ko di Parma dopo i 4 punti raccolti contro Milan e Torino, parte meglio. Lancio di Petruzzi con il contagiri per la botta al volo di Baggio: i biancazzurri sono in vantaggio. Ma la gioia dura solo 3', perché l'Atalanta ribalta la situazione con Sala e Doni poco prima della mezz'ora. E un attimo prima di tornare negli spogliatoi Comandini segna il terzo gol nerazzurro. Sul Rigamonti cala il gelo.«Mazzone entrò nello spogliatoio e per un quarto d'ora non ci disse nulla - ricordò Igli Tare ricostruendo quanto accaduto quel pomeriggio -. Ci disse di fare peggio di quanto fatto nel primo tempo». Al ritorno in campo il Brescia cresce in determinazione, ma il risultato non sembra volersi sbloccare. Ci vuole ancora lui, Roby Baggio, per cambiare le sorti del derby. È la mezz'ora della ripresa quando lo stesso Tare si avventa su una palla scodellata in area: è la sponda per la girata del Divin Codino. Una mossa da bomber di razza: siamo sul 3-2 a un quarto d'ora dallo scadere.

Gemelli. In campo Emanuele e Antonio (sostituito da Yllana poco prima della seconda perla «baggiana») Filippini, in panchina Carletto Mazzone fa uscire il suo dopplegänger. «Se facciamo il 3-3 vengo sotto la curva», urla il tecnico bresciano all'indirizzo dei tifosi ospiti. Detto fatto. Siamo nel recupero. Il Brescia conquista una punizione da posizione defilata. Baggio studia la posizione di Taibi e dei difensori atalantini per disegnare una parabola imprendibile: 3-3.La grande gioia per aver ripreso un derby apparentemente perso passa però in secondo piano, perché gli occhi del Rigamonti sono tutti su di lui, Carlo Mazzone. Il tecnico romano, allora 64 anni, parte senza più fermarsi per mantenere la promessa fatta precedentemente. Divincolandosi del suo vice Leonardo Menichini e del team manager Edoardo Piovani come faceva Baggio per scappare dai vari Nesta, Maldini e Cannavaro, Mazzone prosegue imperterrito. Arriva sotto la curva rivale, agita le braccia, gode per il 3-3. Poi torna a metà campo, sorridendo a Pierluigi Collina. Mica uno qualunque. «Tranquillo, ho capito. Esco». Le braccia al cielo, il pubblico biancazzurro che lo elegge a mito indiscusso. «Per sdrammatizzare dico sempre che ho un fratello gemello», disse Mazzone. «Noi ridevamo, compreso Baggio - spiegò Antonio Filippini -, perché secondo noi era da 30 anni che Mazzone non faceva una corsa». «È stato troppo divertente, dai» concluse Baggio. Chissà che Marcell Jacobs non abbia iniziato a sognare proprio quella domenica.. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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