Crisi di governo

Centrodestra e 5 Stelle non votano la fiducia: il governo non c'è più. Attese le dimissioni di Draghi

Cresce in riva all'Adige la platea di chi sostiene il premier. Raccolte di firme
Mario Draghi durante il discorso al Senato
Mario Draghi durante il discorso al Senato
Governo: Draghi ottiene la fiducia con soli 95 sì

AGGIORNAMENTO ORE 21 - DIMISSIONI ANNUNCIATE ALLA CAMERA

Draghi annuncerà giovedì mattina nell'aula della Camera, all'inizio della discussione generale, la propria intenzione di andare a dimettersi al Quirinale. La seduta è convocata per le ore 9:00. Lo apprende l'ANSA da fonti parlamentari di maggioranza.

 

AGGIORNAMENTO ORE 20 - VICINE LE DIMISSIONI

Il numero legale alla fine non manca, ma, dopo le dichiarazioni di centrodestra e Cinque Stelle, Draghi è vicino a rassegnare le dimissioni. Votano solo in 133, a favore della fiducia a Draghi in 95.

 

AGGIORNAMENTO ORE 19 - IL GOVERNO NON C'È PIU'

Centrodestra e Cinque Stelle annunciano il «no» alla fiducia con la non partecipazione al voto, mancherà probabilmente il numero legale. Ci si attende che Draghi presenti le dimissioni al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Maria Stella Gelmini si dimette da Forza Italia.

 

 

AGGIORNAMENTO ORE 17- DRAGHI METTE AI VOTI LA RISOLUZIONE CASINI

Cinque minuti di risposta al Senato nei quali Mario Draghi ha risposto a diverse questioni (ha pesantamente criticato le modalità con il quale è stato creato il superbonus), ha respinto le accuse di volere i «pieni poteri».

Al termine Draghi ha chiesto di votare la fiducia sulla risoluzione di Pier Ferdinando Casini affinché il governo Draghi prosegua e porti a termine il suo operato. Nella risoluzione Casini è solo scritto che "udite le comunicazioni" del premier "si approva".

Il centrodestra orientato a dire no.

La risoluzione di Casini
La risoluzione di Casini

AGGIORNAMENTO ORE 16 - VETO DEL CENTRODESTRA SUI CINQUE STELLE

La situazione è andata complicandosi dopo che il Centrodestra di governo ha chiesto a Mario Draghi di formare un nuovo governo "profondamente rinnovato", cioè con nuovi ministri, senza il Movimento Cinque stelle. La mossa anticipata dalla Lega in Aula è stata seguita - secondo quanto si legge in una nota congiunta - anche da Forza Italia. Si tratta di una richiesta dirompente che certamente mette in difficoltà il presidente del Consiglio che sta riflettendo sul da farsi. "I senatori del centrodestra di governo voteranno soltanto la propria risoluzione, che chiede un "patto" per un nuovo governo, profondamente rinnovato, guidato ancora da Mario Draghi e senza il Movimento 5 Stelle". Lo riferisce una nota delle forze di centrodestra che sostiene la maggioranza.

 

 

AGGIORNAMENTO ORE 10.30 - IL DISCORSO DEL PREMIER AL SENATO

«Il presidente della Repubblica mi affidò l’incarico» di premier con l’obiettivo di affrontare «tre emergenze: pandemica, economica e sociale», «tutti i principali partiti, con una sola eccezione, decisero di rispondere positivamente a quell’appello. Nel discorso che tenni in quest’Aula feci riferimento all’unità nazionale, che in questi mesi è stata la miglior garanzia di questo esecutivo e della sua efficicacia. Ritengo che un presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori debba avere il consenso più ampio possibile». Lo ha detto il premier Mario Draghi nelle sue comunicazioni al Parlamento questa mattina nell'Aula del Senato. Le «riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti oltre alla corposa agenda delle semplificazioni sono un passo essenziale per l’Italia. Ad oggi tutti gli obiettivi del Pnrr sono stati raggiunti». Gli «italiani hanno sostenuto le misure che di volta in volta abbiamo messo in campo, sono diventati veri protagonisti politiche, penso al paziente rispetto durante le restrizioni della pandemia, della vaccinazione, dell’accoglienza spontanea ai profughi ucraini accolti con affetto e solidarietà. Penso alle comunità locali con il Pnrr: mai come in questi momenti sono stato orgoglioso di essere italiano».

«L'unico modo stare insieme è ricostruire il patto fiducia», ha proseguito il premier, «l’unica strada, se vogliamo ancora restare assieme, è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità».

Le riforme da fare richiedono «un Governo che sia davvero forte e coeso e un Parlamento che lo accompagni con convinzione, nel reciproco rispetto dei ruoli. All'Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi. Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese», ha rimarcato . «I partiti e voi parlamentari - ha chiesto il presidente del Consiglio - siete pronti a ricostruire questo patto? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito? Siamo qui, in quest'aula, oggi, a questo punto della discussione, perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani», ha affermato Draghi chiudendo il suo discorso.

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Sono ore di fibrillazione per le sorti del Governo. Ieri il premier, Mario Draghi, è salito al Colle dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa mattina sarà in Senato. In serata, dalle 18.30 inizierà la chiama per il voto di fiducia, atteso verso le 19.30. Giovedì sarà la volta della Camera. A pesare sul proseguo della sua esperienza a palazzo Chigi, anche le tante attestazioni di stima e apprezzamento, unite alla considerazione che un cambio di guida in questo momento per l’Italia è oggettivamente impossibile, come certifica la raccolta di firme promossa dal quotidiano economico confindustriale Il Sole 24 Ore, che ha preso una posizione netta. «Troppi i rischi all’orizzonte per chiudere la legislatura. La guerra in Ucraina, il blocco del gas russo, l’inflazione, l’incertezza che lascia il campo all’incubo recessione impongono al Parlamento di sostenere il Governo Draghi», scrive il giornale, che in poche ore ha raccolto oltre 250 sottoscrizioni all’insegna della continuità.

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Tra queste, non mancano le voci da Verona e dal Veneto, che si uniscono alle valutazioni già espresse da esponenti scaligeri di impresa, sindacato, associazioni di categoria a partire dal numero uno di Confindustria locale, Raffaele Boscaini, dal presidente della Camera di Commercio, Giuseppe Riello e dal leader dei costruttori scaligeri Carlo Trestini. Con il passare dei giorni si sono aggiunte le prese di posizione della società civile e dei tanti sindaci, anche veronesi, e di alcuni governatori tra cui il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che temono per la caduta dell’Esecutivo, alla sopravvivenza del quale è agganciata la possibilità di ottenere le risorse del Pnrr.

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Da Verona anche la finanza punta l’indice su questo rapporto di causa-effetto. Alessandro Mazzucco, presidente della Fondazione Cariverona, ha sottoscritto il documento del Sole 24 Ore e motiva così la sua scelta. «Ci sono pochi dubbi sul fatto che il presidente Draghi offra oggi la più efficace, affidabile e insostituibile leadership di governo in un Paese come l'Italia, fondatore della Ue e membro del G7», ragiona. «Di Draghi sono note le doti di economista e tecnocrate. È stato ricercatore al Mit di Boston con il Nobel Franco Modigliani; direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d'Italia e presidente della Bce», elenca. «Si è sempre districato nelle sfide emergenziali: dalle privatizzazioni nazionali nell'avvicinamento all'integrazione monetaria; all'ingresso dell'Italia nel sistema-Ue; dalla difesa attiva dell'euro alla costruzione dell'Unione bancaria». Il Pnrr, declinazione nazionale del Recovery Plan europeo, non ha solo la firma di Draghi, rammenta Mazzucco. «È stato proprio Draghi a concepirlo e a disegnarne le traiettorie nelle prime settimane della pandemia, orientando in modo decisivo le scelte del Consiglio dei capi di Stato e di Governo Ue. Oggi Draghi è a quel tavolo, come premier italiano. Il Paese non può farne a meno proprio ora», conclude.

In sintonia l’ad di Banco Bpm, Giuseppe Castagna, che firma la petizione insieme al presidente dell’istituto, Massimo Tononi. «Ritengo fondamentale che l’azione di questo Governo, finora molto efficace, possa proseguire. La situazione economica, il contesto geo-politico e la continuazione della pandemia rendono cruciali gli impegni che ci attendono nei prossimi mesi tra cui l’attuazione del Pnrr, essenziale per la modernizzazione del Paese come per le imprese», osserva Castagna.

Le firme a sostegno della prosecuzione dell’esperienza del Governo Draghi arrivano da tutto il Veneto. Dall’università di Padova, da parte di Marina Bauce, Maurizio Corbetta, Vittorio Domenichelli, Daniele Marini, Gianpietro Carlo Semenzato. Dal mondo dell’impresa del capoluogo patavino, spaziando da Federico de’ Stefani, presidente e ad Sit Group a Giustina e Leopoldo Destro, ceo di Aristoncavi spa, la prima ex sindaco di centrodestra della città, fino a Enrico Carraro, presidente di Gruppo Carraro. Sottoscrivono da Breganze, nel Vicentino, Ubaldo Minelli e Renzo Rosso, rispettivamente ad e presidente di Otb, holding italiana che controlla i marchi di moda Diesel, Maison Margiela, Marni, Viktor&Rolf e Jil Sander. Poi da Venezia Giorgio Rossi, a capo di Coin; Marco Bentivogli e Stefano Beraldo, ad Ovs; Maria Raffaella Caprioglio, presidente dell’agenzia per il lavoro, Umana.

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