Franco Baresi,
l'«azzurro Italia»
all'asta
Le lacrime di Franco Baresi sono passate alla storia: le sue, come quelle di Roberto Baggio, hanno di fatto bagnato i sogni di gloria dell’Italia di Arrigo Sacchi ai mondiali americani dove gli azzurri persero in finale ai calci di rigore contro il Brasile forse meno talentuoso di sempre ma terribilmente concreto e solido in ogni zona del campo.
Leader indiscusso di quell’Italia fu Franco Baresi: originario di Travagliato, cresciuto nel Milan di cui divenne leader, capitano e bandiera, ebbe un percorso del tutto simile anche in nazionale interpretando il ruolo di «libero» come nessun altro al mondo. Solo la scarsa attitudine al gol, condizionata ovviamente anche dal ruolo in campo, gli impedì di vincere un pallone d’oro che con i successi ottenuti al Milan sarebbe stato senza dubbio ampiamente meritato.
La maglia numero 6 della nazionale con la scritta Baresi sulla schiena è un oggetto straordinario per ogni amante del calcio ma per un bresciano può valere anche molto di più. Un esempio? A Usa 94 i nomi sulle maglie furono per certi versi una delle novità ed è inutile dire che la 10 di Baggio, come la 20 si Signori, furono probabilmente quelle maggiormente apprezzate dai tifosi. Ma come trascurare quella del capitano azzurro che in tre settimane riuscì a recuperare da un intervento al menisco in tempo per giocare per la finalissima mondiale rifacendo sedere in panchino Luigi Apolloni che lo sostituì degnamente al centro della difesa? Come dimenticare la straordinaria tenacia di un uomo che capì di trovarsi davanti all’occasione della vita e che fece tutto il possibile per condurre i suoi al titolo? Proprio quella maglia, una di quelle preparate per il mondiale americano, sarà nell’asta benefica di 1 Maglia per la Vita e la sua presenza sarà senza dubbio motivo di grande orgoglio sia per gli ideatori del progetto che per chi si troverà, ad asta finita, un oggetto unico tra le mani.
Quando si parla di Baresi poi, i bresciani spesso si illuminano perchè la sua carriera è stata caratterizzata da un che di «surreale»: partito appunto dall’oratorio di Travagliato, arrivò al Milan tra mille dubbi perchè considerato un po’ gracile e fisicamente non all’altezza. Il futuro disse poi si quel ragazzi timido, taciturno, lontano da ogni riflettore, fosse probabilmente il miglior difensore del mondo per almeno un decennio a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Leader in un Milan che, tra Maldini e Gullit, Donadoni e Van Basten, poteva shcierare fuoriclasse di assoluto livello in ogni zona del campo. Per comprendere meglio la sua grandezza, è sufficiente ripercorrerne la carriera inimitabile nel calcio moderno. Franco Baresi è ancora oggi nel Milan il secondo calciatore con più presenze, sia per quanto riguarda il campionato sia per le coppe europee. Con il Milan è riuscito a vincere sei scudetti, tre Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali che l’hanno reso il capitano più vincente di sempre. Non è trascurabile anche la sua trafila con la maglia azzurra che indossò per quattordici anni: con l’Italia ha partecipato a tre campionati mondiali (1982, 1990 e 1994) e due campionati europei (1988, 1992). Dal 1992 al 1994 fu capitano degli azzurri che guidò, appunto, al campionato mondiale del 1994, dopo il quale si ritirò dalla nazionale. Proprio quel ritiro, così ampiamente annunciato, è alla base delle lacrime versate sull’erba di Pasadena.
Non mancano, in ogni caso, tanti riconoscimenti personali: nel 2004 è stato incluso nella FIFA 100, lista dei 125 più grandi giocatori viventi e nel 2013 è entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano.[8] Occupa la 19ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.
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