Gio Salà il neofita: «Scrivere? Arma contro la pigrizia»
Non è da tutti arrivare alla soglia degli ottant’anni e scegliere di vestire per la prima volta i panni dello scrittore, con l’entusiasmo e la curiosità di un fanciullo neofita. Dopo aver masticato musica dal vivo e pittura - e aver dato forma in qualità di tecnico progettista alle fantasie dei più grandi locali notturni del Nord - l’eclettico homo faber Sergio Sala approda alla narrativa sfornando un thriller investigativo dal ritmo cinematografico. Veloce e incalzante, essenziale e privo di fronzoli, «Il cofanetto in pelle blu elettrico» è un compendio delle ambizioni e della sete di denaro che orienta l’operato dei potenti della terra: affaristi pronti a tutto pur di raggiungere i propri scopi. «Ho semplicemente dato libero sfogo alla fantasia, assecondando la passione per le serie televisive poliziesche americane e per i libri gialli del maestro Edgar Allan Poe e di James Ellroy, di Stieg Larsson e Raymond Chandler», ha confessato l’autore, ospite lo scorso martedì della libreria Ferrata di corso Martiri della Libertà, per presentare al pubblico l’opera prima. MISURATO nell’eloquio come nella prosa - «sono pur sempre un carmelitano di San Faustino e come tutti i bresciani non amo parlare davanti a tante persone», ha scherzato - Sala ha spiegato con ironia la decisione di celarsi dietro lo pseudonimo di Gio Salà: «Se il libro avrà successo sarà merito mio, altrimenti daremo tutta la colpa al personaggio il cui nome è impresso sulla copertina». Altrettanto dissacrante il chiarimento sulle ragioni che lo hanno spinto a impugnare la penna: «È stato quando mi sono accorto che stavo assumendo la forma del divano: innanzitutto una reazione alla pigrizia dell’età, poi il desiderio di dar vita a dei personaggi che si erano già plasmati nella mia mente», ha precisato. Sottolineando poi le difficoltà incontrate strada facendo. «Ho scritto di getto, come un fiume in piena, ma riempiendo la casa di post-it sui quali annotare nomi, collegamenti e sviluppi». IL RISULTATO fresco di stampa è condensato in poco più di un centinaio di pagine dominate dalla figura glaciale dell’ereditiera russo-svizzera Katrina Donova, deus ex machina che ingarbuglia e scioglie i fili della trama a proprio piacimento, e da un portagioie da ritrovare a tutti i costi. «La vicenda narrata avrà un epilogo, tuttavia non si concluderà totalmente: si tratta in realtà del primo tassello di una trilogia», ha svelato l’autore, confidando di «avere ultimato da tempo la seconda parte e di essersi già immaginato lo svolgimento della terza». • © RIPRODUZIONE RISERVATA
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