Il Dolce Stil Novo dipinto da Marco Andreis
O Dolce Stil Novo, dove tu sei? Seguìta la cortina d'una pipa ragazza, lo si incontra accomodato in dondolo; ha (di nuovo) trenta anni, adopra il corpo di Marco a suo piacimento, persevera con le «Poesie». Eccolo, sì, il trobar ai tempi nostri. La «Raccolta di Versi alla Natura, all’Amore e agl’Intimi Pensieri» fa rime scoppiate di topoi; Andreis le innesca in semplicità: un collaudo istintuale, a una sola mano - l'altra carezza il gatto. Di Tremosine, il poeta-designer vive a Brescia sotto un mag(li)one di gentilezza spesso quanto quegli uncinetti che si trovano più. Questa collazione brevissima è il suo primo sbaffo di china, un apostrofo cortese a dipingere (lui, dipinge) il suo ingresso. Se si cercano i toni, accorrono i grigi, acquerellati, opachi come sanno essere le stagioni al trapasso, i paesaggi all'addio o al protrarsi della vista interiorizzata («Su nubi posate./ Il borgo tace./ Gocce sospese»). Se si cercano i suoni, vibrano i sibili del finto silenzio, ronzii interiori con gravità intima («Si dondola e dorme./ Un dolce sospiro e/ Si dondola e dorme»). LA LIRICA è ansimata, anche se avanza lenta. Azzanna la sua concitazione assente, osserva i membri vivi del mondo appoggiandoli a un fondale teatrale, per giocarli, capirli, paragonarli («Come il cigno,/ D’un tratto/ Si stancherà/ Del tempo»). Pure il piccione elemosina la sua briciola, mentre il sole ride riflessi nell'orbita dello scrivente, attratto dalle nebbie («Oltre l’opaco muro/ Che dolcemente lento/ Posa su colli/ Si desta imperterrita/ La fulva sidera»). Il sentimento ruba le figure nobili dell'antico versificare al fine di ricomporle, tremando, alle guglie del proprio castello: sudate carte, di sabbia («M’infrango/ Su scogli/ D’eterno/ Amore»), di speme («Ti prenderai cura/ Dei fiori e dell’ore»). Con schizzi neri - i bozzetti al pennarello che fanno paio alle odi -, tanto sintetici e acerbi, nella distanza metrica dell'incompiuto, si arriva all'ultimo capoverso della Raccolta. Gli «intimi pensieri» vincono il meglio del libriccino, anche quando fanno soltanto esercizio: «Solo s’una sassaia sospiro/ Sento il sinuoso sussulto del Sarca/ Seguo lo stormo di passeri». Commuovono morte e rinascita d'un fiocco di neve, l'inno alla fede sparsa, un poco persa: «Alla folle ricerca/ Di pura aria./ O mio dubbio/ Che nel cercar/ Sostenga il nulla». •
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