Non solo archeologia industriale In via Milano ecco i tesori romani
Riqualificare le periferie: facile a dirsi, difficile nella pratica. Ma se mentre si sistemano le fognature e si progettano teatri vengono trovati e messi sotto tutela ben quattro manufatti di epoca tardo-romana, tutti fregiati da iscrizioni, di dimensioni notevoli e essenziali per l’identificazione finale della strada in questione - via Milano - come una delle arterie più importanti della romanità bresciana, allora la trasformazione della zona può davvero festeggiare il traguardo più alto. Simbolicamente e forse anche nel concreto. Trovare l’anello di congiunzione tra il grande passato, un presente problematico ma in transizione e un futuro di contenuti stimolanti, servizi e cultura. LA SCOPERTA archeologica avvenuta ieri e, in parte, nel recente periodo, è un ritrovamento di straordinario peso e significato. Durante i lavori di A2A ciclo idrico per la sostituzione della rete fognaria e dei sottoservizi sono stati ritrovati due cippi miliari, una colonna su cui si leggono iscrizioni con titoli d’età imperiale e un’ara con iscrizione onoraria. Testimonianze, a quanto sembra, dell’epoca di Diocleziano e Costantino, con i cippi di altezza tra 1 metro e 60 e 1 metro e 80 e la colonna (o altro cippo?) di ben due metri e mezzo. Su una delle pietre miliari c’è l’indicazione molto chiara del numerale II: «due miglia», che corrispondono ai quasi tre chilometri che corrono tra il punto del ritrovamento vicino all’Ex Ideal Standard - dove sorgerà tra le altre cose un nuovo teatro - e il cuore della città romana, Brixia, ossia l’area del foro e il Capitolium che da pochi giorni racchiude la meraviglia della rinata Vittoria Alata. La scoperta confermerebbe il passaggio di una strada romana di enorme rilevanza (si ipotizza nell’area sorgesse una necropoli). La direzione scientifica dell’attività è di Serena Solano, funzionaria archeologa della Soprintendenza di Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, l’ente diretto dal 2015 dall'architetto Luca Rinaldi. «Elemento fondamentale di questa scoperta è che i reperti provengono da lì, da quello che fu un asse romano di grande importanza. Sono tutti incisi, ora vanno puliti e andranno “letti”». La loro collocazione desta altro stupore: «È senz’altro incredibile che stessero lì a consolidare un pezzo di fognatura». Ma quando può essere stato deciso il posizionamento? «Credo più o meno 50 anni fa. O chi ha lavorato nell’area non li ha riconosciuti allora per quello che sono oppure - come ogni tanto succede - per non avere ritardi nei cantieri tutto è stato ricoperto. Ma si tratta di ipotesi, il ritrovamento è freschissimo. Bisogna capire molti aspetti, potrebbe trattarsi di pietra di Verona o di un Botticino con qualche venatura rosa» ci ha spiegato il soprintendente poco dopo la notizia della scoperta. «Potrebbe esserci altro: quella zona potrebbe essere in collegamento con un’altra area archeologica. Bisognerà capire bene se bisogna allargare lo scavo o no». Riqualificazione-rivalutazione della prima periferia che si amplia sempre più. «In effetti non è detto che queste testimonianze vadano a Santa Giulia, o meglio si potrà pensare al fatto che qualche reperto rimanga qui» dove stanno per sorgere tanti nuovi poli di cultura. «Di certo dall’archeologia industriale dei tanti siti di questa zona ora si arriva all’archeologia-archeologia: è bellissimo» conclude Rinaldi. Il controllo in corso, prescritto dalla Soprintendenza, è stato effettuato dalla ditta Asps Servizi Archeologici: scavo in trincea compiuto dalla ditta Mazza a circa 1 metro e settanta di profondità. •
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