L’INTERVISTA

«Contratti più snelli e digitali. Città a misura di smart working»

L’intervista Il direttore de L’Arena, Massimo Mamoli, in collegamento con il ministro Andrea Orlando
L’intervista Il direttore de L’Arena, Massimo Mamoli, in collegamento con il ministro Andrea Orlando
L’intervista Il direttore de L’Arena, Massimo Mamoli, in collegamento con il ministro Andrea Orlando
L’intervista Il direttore de L’Arena, Massimo Mamoli, in collegamento con il ministro Andrea Orlando

Investimento sul capitale umano, potenziamento delle forme di accesso all’impiego, costruzioni di ponti anche sociali con i Neet, i giovani che non studiano e non lavorano. Anche il ministro del Lavoro Andrea Orlando inquadra il fenomeno del mismatch tra domanda e offerta nel suo colloquio ad Athesis New Job con il direttore de L’Arena e di Bresciaoggi, Massimo Mamoli.

Ministro Orlando, partiamo da qui, dal primo punto di questo disallineamento. C’è una parte di aziende considerevole che cerca lavoro anche qualificato, e un imprenditore su due dichiara di voler assumere personale nei prossimi mesi. Che prospettive vede e con quali modalità?
Questo mismatch è un dato che deve vedere un nostro sforzo per ridurlo, ma è anche un segnale che c’è una forte evoluzione del sistema produttivo, se guardiamo agli altri Paesi europei notiamo che comunque siamo al di sotto della media. un fenomeno che va affrontato ma non certo patologico. Incidono molti fattori, dalla capacità di adeguare le competenze in modo più rapido, la formazione, ma anche l’impatto della curva demografica, che spesso nelle analisi viene trascurata ma è fondamentale. Ci sono molte più persone che escono dal mondo del lavoro, a cui si aggiunge un fenomeno migratorio significativo e poi c’è il tema di meccanismo vischiosi dal punto di vista burocratico che rendono difficile l’inserimento.

Nell'ultimo report Veneto Lavoro emerge il fenomeno delle dimissioni volontarie, aumentate del 50 per cento rispetto al 2021. Secondo gli intervistati della ricerca tra le cause delle dimissioni volontaria al primo posto un lavoro più remunerativo, al secondo la necessità di più tempo libero. Come invertire la tendenza?
In parte è un fenomeno che ha origine da quelle transizioni di cui abbiamo parlato prima, in parte la pandemia ha costretto ciascuno a fare un bilancio esistenziale, molti hanno ritenuto che magari è più interessante avere qualche euro in meno rinunciando a qualche prospettiva di carriera. Le ragioni sono diverse ma l’elemento comunque credo sia che ad un certo punto ci sia stato un punto di rottura in cui si è innescata una riflessione, qualcuno si è mosso sulla base del salario, qualcuno sulle prospettive di crescita e anche chi si è mosso sul tema della qualità della vita.

Tra gli ostacoli maggiori alla crescita occupazionale, oltre al cuneo fiscale, al secondo posto viene posta l'eccessiva burocratizzazione delle normative. Cosa può fare il governo per semplificare?
Stiamo portando avanti un confronto su come snellire il contratto di apprendistato e credo dovrà nascere un contratto di lavoro digitale, utilizzando le risorse di carattere tecnologico di cui disponiamo. E poi bisogna riflettere sulla categorie contrattuali, se il tema delle competenze diventa più importante come pure l’investimento sul capitale umano, queste categorie attuali sono adeguate?

Nel report «Neet working» elaborato dal ministero per le Politiche giovanili viene spiegato che i Neet in Italia nella fascia d'età 15-34 anni sono più di tre milioni, l’Italia è al terzo posto in Europa. Per il 61,6 per cento delle imprese la soluzione migliore per la ricerca di manodopera è quella di lavorare nell’inserimento dei Neet. Come possibile e con quali percorsi?
C’è un tema di grande rilevanza che riguarda questo aspetto, in quel numero così grande pesa molto il dato sul lavoro nero, persone che non risultano come lavoratori e come studenti. E poi sicuramente va potenziata qualsiasi forma di accesso al lavoro, lavorando e potenziando tirocini e apprendistato, studiando percorsi in qualche modo guidati anche dentro le agenzie e i centri per l’impiego. Chi cerca lavoro va in agenzia, chiede al bar, ai parenti, chi non lo cerca è necessario che qualcuno riesca ad intercettarlo, ci sono anche elementi di carattere psicologico nel rompere le barriere che si sono create con la società, per questo diventa fondamentale l’apporto del terzo settore. Per costruire dei ponti con i Neet che in qualche modo li riporti all’interno di una dimensione sociale e lavorativa.

Un’impresa su tre non ha ancora deciso cosa fare per lo smart working e il 14,8 delle imprese ha pensato di introdurre in questa fase un modello ibrido tra smart e presenza, cosa si aspetta dal prossimo futuro? 
Credo che non sarà utilizzato quanto nel lockdown ma sarà molto più usato rispetto a prima e credo cambierà comunque i modelli organizzativi delle imprese, un dato che caratterizzerà il mercato del lavoro futuro. Questo penso ci debba lasciare uno spazio in cui sperimentare, senza definire una legge con maglie troppo strette: con alcuni temi centrali, dal diritto alla disconnessione al tema della sicurezza e della protezione dei dati, oltre al grande tema dell’orario di lavoro. Lo smart working cambierà le città, è una grande sfida anche per gli amministratori perchè si redistribuiscono i centri urbani ma non solo, penso sia una fase con molto interessante. •.