IL VOLUME

L’Europa e la guerra «Il nostro 11 settembre»

di Laura Perina
Francesco Battistini una vita da inviato di guerra: qui al rientro da Cuba
Francesco Battistini una vita da inviato di guerra: qui al rientro da Cuba
Francesco Battistini una vita da inviato di guerra: qui al rientro da Cuba
Francesco Battistini una vita da inviato di guerra: qui al rientro da Cuba

«Il 24 febbraio è stato l’11 settembre dell’Europa. E come per l’11 settembre, non possiamo pensare che tutto sia cominciato quel giorno». L’esordio di Francesco Battistini è di quelli che spiazzano. Forse perché tutti sappiamo tutto dell’Ucraina di adesso, ma molto meno dell’Ucraina di prima. Altrimenti – ma chissà – non saremmo rimasti così disorientati da una guerra che è ben lungi dall’essere improvvisa. Ecco perché l’instant book scritto da Battistini, «Fronte Ucraina», pubblicato da Neri Pozza, è una lettura indispensabile se si vuol capire quello che sta accadendo in Europa. Battistini è l’inviato del Corriere della Sera che ha vissuto sul campo l’escalation della crisi ucraina e viaggiando in lungo e in largo per tutto il Paese, da Leopoli a Kharkiv, da Chernobyl a Odessa, ha raccontato un fronte che di ora in ora si scaldava. Ora questo racconto è confluito nel volume che inaugura la Book Week organizzata dal gruppo Athesis a Torri del Benaco. L’autore lo presenta giovedì 23 giugno alle 21 al Molo De Paoli.

Da inviato lei ha raccontato numerosi conflitti, dai Balcani al Medio Oriente, dal Nord Africa all’Iraq. E si occupa dell’Ucraina dalla Rivoluzione arancione del 2004. Cosa può dirci del conflitto in atto?
È diverso. In Afghanistan, per esempio, l’attacco degli americani era stato ampiamente annunciato. Invece a Gaza non c’era mai stata alcuna allerta da parte degli israeliani, sebbene lì l’allerta sia permanente. In questo caso erano gli stessi ucraini a non credere possibile un’operazione militare. D’altra parte, per anni non si è fatto altro che ripetere «è l’anno dell’attacco a Mariupol» e questo «Al lupo! Al lupo!» ha finito per stancare l’opinione pubblica. Pensi che quando sono tornato a Kiev, subito dopo Capodanno, ho trovato affissi nei bar dei cartelli con su scritto «Happy new War» (parafrasi di «Happy new Year», felice anno nuovo, nda). Si scherzava sull’ennesimo allarme. Kharkiv era l’unico luogo dove il pericolo era realmente percepito e dove la parte più impegnata della popolazione aveva già iniziato ad addestrarsi nei boschi. Il resto del Paese viveva in una bolla di inconsapevolezza.

Eppure, come lei stesso ha spiegato molto bene nel volume, Mosca e l’Ucraina hanno una storia trentennale di strappi, fino al Maidan del 2014.
Il primo grande strappo è avvenuto nel 1990 con la Rivoluzione sul granito di cui pochissimi si accorsero in Europa, anche perché in quel periodo l’Ucraina faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. La crisi di oggi non si può capire se non si parte da là. Ecco il perché del parallelismo con l’11 settembre. Due o tre anni prima dell’attacco alle Torri gemelle, in una delle sue rare interviste, Bin Laden aveva dichiarato di stare preparando da anni l’attacco all’America, ma nessuno lo aveva preso sul serio.

Gino Strada scriveva che ogni giorno migliaia di persone soffrono le conseguenze di guerre di cui ignorano le ragioni. Al di là della cronaca, quali delle vicende che ha raccontato nel suo libro l’hanno colpita di più?
Una è quella di una mia amica fixer, ricercatrice universitaria che adesso è di fatto una militare. Un anno fa si è comprata un fucile per 400 dollari e ha imparato a sparare, mi ha anche portato a vedere un addestramento nei boschi. Ogni sera cuciva le reti per i carroarmati con sua mamma, pure lei completamente dedita alla causa della resistenza. C’è poi la vicenda di un artista che recupera le casse di armi inviate dall’Occidente e usa i coperchi per dipingere delle icone. Adesso dipinge Madonne con il mitra in mano, segno della deriva nazionalistica della Chiesa ortodossa, per cui non si sta inseguendo la pace, ma la vittoria. Tra gli altri che ho incontrato, mi ha impressionato il sindaco di Kiev, Klitschko, ex campione di pesi massimi. È sempre sul campo, prima tra i quartieri devastati dalle bombe e ora sulle linee dove si scavano le trincee. Probabilmente è lui il personaggio emergente della resistenza.

Il suo instant book termina con l’inizio delle operazioni militari. Per sua stessa ammissione, la volontà era raccontare soprattutto la guerra «di prima». Ci saranno degli aggiornamenti? 
La controffensiva ucraina che tutti si aspettano potrebbe arrivare ad agosto, a quel punto ci sarebbe una reazione altrettanto forte dei russi e dopo questa svolta si potrà pensare, forse, che la fase uno della guerra sia conclusa. Prima di allora, è meglio soffermarsi sulla cronaca.•. Laura Perina

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