DOTI E FUTURO Diversi studi sottolineano l’importanza di saper gestire i propri «sentimenti» e quelli altrui in azienda

Intelligenza emotiva, la forza per il nuovo mondo del lavoro

di Adriano Baffelli
Innovazione e Intelligenza emotiva: un binomio sempre più di rilievo per le imprese e per il mondo del lavoro in prospettiva futura  Photo by Alex Kotliarskyi on Unsplash Stefano Lancini  di IbriGO
Innovazione e Intelligenza emotiva: un binomio sempre più di rilievo per le imprese e per il mondo del lavoro in prospettiva futura Photo by Alex Kotliarskyi on Unsplash Stefano Lancini di IbriGO
Innovazione e Intelligenza emotiva: un binomio sempre più di rilievo per le imprese e per il mondo del lavoro in prospettiva futura  Photo by Alex Kotliarskyi on Unsplash Stefano Lancini  di IbriGO
Innovazione e Intelligenza emotiva: un binomio sempre più di rilievo per le imprese e per il mondo del lavoro in prospettiva futura Photo by Alex Kotliarskyi on Unsplash Stefano Lancini di IbriGO

Per il World Economic Forum il mondo vive una profonda rivoluzione del lavoro che porterà un cambiamento epocale nel modo in cui gli esseri umani operano con macchine e algoritmi. Entro il 2025 più della metà di tutte le attuali attività sarà svolta da macchine rispetto al poco più del 30% di oggi. Tale trasformazione avrà un rilevante effetto sulla forza lavoro globale, comunque con un saldo complessivo positivo, che vedrà prevalere i nuovi posti rispetto a quelli persi: rispettivamente 133 e 75 milioni entro il 2023. Le previsioni potrebbero registrare variazioni in funzione degli effetti della pandemia da Covid-19. Rispetto a uno studio simile del Forum, redatto nel 2016 per comprendere l'impatto della Quarta rivoluzione industriale sull'occupazione, le prospettive per la creazione di posti di lavoro oggi sono molto più positive perché le imprese comprendono meglio le opportunità rese disponibili dalla tecnologia. Allo stesso tempo, l'enorme cambiamento che l'automazione produce sulla forza lavoro globale implica modifiche significative nella qualità, posizione, formato e permanenza dei ruoli che richiederanno la massima attenzione da parte dei leader del settore pubblico e privato. «È fondamentale che le aziende assumano un ruolo attivo nel supportare la loro forza lavoro esistente attraverso la riqualificazione e il miglioramento delle competenze, che gli individui adottino un approccio proattivo al proprio apprendimento permanente e che i governi creino un ambiente favorevole per facilitare tale trasformazione. Questa è la sfida chiave del nostro tempo», ha sottolineato Klaus Schwab, fondatore e presidente esecutivo del World Economic Forum. Paradossalmente, di fronte all’imponente crescita tecnologica, che in alcuni incute timori e fa presagire un ruolo minore o marginale del fattore umano, ora più che mai pare opportuno riflettere sulla necessità di esaminare aspetti fondamentali legati alla persona e sempre più centrali anche per la vita e la conduzione delle imprese, delle organizzazioni economiche e sociali, delle istituzioni. È il caso dell’Intelligenza emotiva (IE). Sulla base di un sondaggio tra i direttori delle risorse umane e i dirigenti strategici di aziende di 12 settori e 20 economie sviluppate ed emergenti (che insieme rappresentano il 70% del Pil globale), il rapporto rileva che il 54% dei dipendenti di grandi aziende avrebbe bisogno di riqualificazione per sfruttare appieno le opportunità di crescita offerte dalla Quarta rivoluzione industriale. Allo stesso tempo, poco più della metà delle realtà intervistate ha affermato di aver pianificato di formare solo i dipendenti che ricoprono ruoli chiave, mentre solo un terzo ha previsto interventi per i lavoratori a rischio. Per i ricercatori, comprensibilmente, le sfide urgenti includono, oltre alla fornitura di opportunità per garantire nuovi strumenti professionali, l'abilitazione del lavoro a distanza e la costruzione di reti di sicurezza per proteggere i lavoratori e le comunità a rischio. Come sempre, scenari di profondo cambiamento, che fanno presagire, come si comprende consultando le ricerche nazionali e internazionali sul tema, risultati positivi nel medio periodo, richiedono una capacità di gestione che non si limita al solo piano delle competenze tecniche e manageriali. L’aspetto dell’emotività dei singoli è un fattore rilevante. Gestire le proprie emozioni e riconoscere quelle altrui, è stato dimostrato, aiuta i singoli a progredire nella carriera professionale e garantisce migliori risultati alla propria azienda. Tale gestione è una dote naturale, che si può «coltivare» e migliorare e si definisce con precisione: Intelligenza emotiva. Nel mondo del lavoro sta conquistando sempre più considerazione, di certo rappresenta una tendenza. Tanto da giocarsela, nell’ipotetica scala delle principali attitudini per il mondo del lavoro, con il più consolidato quoziente intellettivo. L'intelligenza emotiva è stata inserita già nello scorso decennio dal World Economic Forum tra le prime dieci competenze richieste nell’immediato futuro. Ricercata dai recruiter e incoraggiata dagli imprenditori è destinata a diventare un must. Così, creare un ambiente di lavoro in grado di stimolare l’intelligenza emotiva, è un’attività sempre più diffusa. Daniel Goleman, psicologo americano, l’ha definita come la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, ma anche la capacità di saper gestire le emozioni in modo efficace. Esserne consapevoli porta a comprendere la necessità di esplorare le emozioni sul posto di lavoro, motivo per cui l’intelligenza emotiva è diventata un’abilità chiave di aziende e leader. Senza dimenticare che viviamo una fase nella quale si tende a essere meno pazienti nei confronti dei leader considerati dei pessimi capi, che non sanno ascoltare, guidare e condividere i meriti. Non c'è dubbio che negli ambienti incentrati sulla persona i collaboratori si sentono più apprezzati e connessi all’organizzazione e sono incoraggiati a esprimere e condividere le proprie emozioni, potendo così dare il meglio a beneficio di tutti.

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