In giro a Borgo
Trento: i commessi
sono amici in tante bellissime storie

di Irene Panighetti
Emanuele e Pietro Gelmi all’interno della storica ferramenta aperta alla fine dell’Ottocento.
Emanuele e Pietro Gelmi all’interno della storica ferramenta aperta alla fine dell’Ottocento.
Emanuele e Pietro Gelmi all’interno della storica ferramenta aperta alla fine dell’Ottocento.
Emanuele e Pietro Gelmi all’interno della storica ferramenta aperta alla fine dell’Ottocento.

Giornale della gente, giornale tra le gente, Bresciaoggi porta il suo «Commessi dell’anno» nei quartieri e incontra nuovi protagonisti: a Borgo Trento le persone che si sono messe in gioco hanno storie che sono veramente particolari. Come quella di Elena Confortini, che da gennaio 2019 è al bancone del «Bistrot del borgo» dopo 8 anni in Guinea come volontaria alla «Maison des Enfants», un progetto bresciano nato «dalla volontà e dall’azione diretta dei miei genitori perché mio padre, cresciuto in un orfanotrofio, ha sempre desiderato impegnarsi per dare amore e speranza ai bambini soli – spiega –. Nel 2000 i miei hanno fondato la Fondazione con sede a Sobanet, un villaggio immerso nella foresta. Con la collaborazione di altre realtà bresciane sono riusciti a creare orfanotrofio, centro pediatrico, scuole, impianti sportivi, terreni agricoli ed allevamenti. Ad oggi ne beneficiano oltre 400 bambini e l’obiettivo è lo sviluppo per l’indipendenza delle persone nel paese d’origine; ragione per la quale gli aiuti forniti non si limitano al solo miglioramento della qualità della vita, ma mirano al completamento della formazione scolastica e professionale». Elena è tornata perché la vita da volontaria è appagante ma faticosa e a Borgo Trento «mi sono sentita subito accolta, le persone mi vogliono bene e questo lavoro mi piace molto».

LO STESSO per Svitlana Chorna, dal 2007 ciabattina del quartiere per passione del mestiere imparato in Italia: «Non so perché, ma sin dai primi momenti la gente del Borgo mi ha accettata, senza farsi troppe domande sul perché una donna faccia un lavoro considerato da uomini. Continuo a trovarmi molto bene con tutti e sono fiera di me». Storia analoga di successo migratorio tutto al femminile quella di Ludmilla Ivanova, da 8 sarta del suo laboratorio in Borgo mentre la figlia ha aperto «Ce l’ho solo io» in centro città. «Ho imparato il mestiere da mia mamma, che era medico ma con la passione della sartoria – racconta –. La cosa che più mi piace è la creatività che implica: ogni vestito è unico, confezionato con amore e attenzione per i clienti, che provengono dal quartiere e non solo poiché prima di aprire qui avevo l’attività a Castegnato dove si ricordano ancora di me». AL MASCHILE ma sempre di tradizione familiare è la storia dei fratelli Emanuele e Pietro Gelmi, che conducono l’omonima e storica ferramenta «aperta alla fine dell’Ottocento – illustra Emanuele – e tramandata dalla mia famiglia. L’aspetto più bello è la possibilità di avere un rapporto diretto con la clientela, che è indipendente dal tipo di prodotto che si vende». Emanuele ha due figli «una femmina e un maschio che sono ancora piccoli, quindi non so se prenderanno in mano questa attività quando mi ritirerò – valuta – ovviamente questo è il mio sogno, perché passare il testimone ai propri figli è come dare un senso profondo e aggiuntivo alla mia passione». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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