LA TESTIMONIANZA

Hostess in cella in Arabia Saudita, il pensiero di Tiziano Ronchi: «Mi sento vicino a Ilaria, privata della sua libertà»

di Mario Pari
L’insegnante di Sarezzo rivive momenti bui ed esprime la sua solidarietà alla ragazza di Treviso: «So cosa significa perdere i diritti Voglio portare il mio supporto»
Ilaria De Rosa: la hostess originaria della provincia di Treviso è stata arrestata in Arabia Saudita lo scorso 5 maggio. A destra, il bresciano Tiziano Ronchi
Ilaria De Rosa: la hostess originaria della provincia di Treviso è stata arrestata in Arabia Saudita lo scorso 5 maggio. A destra, il bresciano Tiziano Ronchi
Ilaria De Rosa: la hostess originaria della provincia di Treviso è stata arrestata in Arabia Saudita lo scorso 5 maggio. A destra, il bresciano Tiziano Ronchi
Ilaria De Rosa: la hostess originaria della provincia di Treviso è stata arrestata in Arabia Saudita lo scorso 5 maggio. A destra, il bresciano Tiziano Ronchi

Ha saputo e non è rimasto indifferente. Sarebbe del resto stato molto difficile: in cella a migliaia di chilometri da casa, con la convinzione d’essere innocente. Come lui. Per Tiziano Ronchi l’inizio di quello che è stato certamente il periodo più buio della sua vita, risale al 5 marzo scorso, in Nepal. Da tempo la vicenda giudiziaria si è conclusa. Ilaria De Rosa, di professione hostess, residente in provincia di Treviso, è stata arrestata il 5 maggio in Arabia Saudita, con l’accusa di detenzione di sostanze stupefacenti. «Ho saputo - conferma il docente in una pausa durante il lavoro - e si è ricreata quella sensazione che mi ha portato a provare solidarietà e anche un po’ di tristezza nei suoi confronti. Sono tornati momenti che ho vissuto, sono tornate quelle emozioni che ho già provato».

L’insegnante di Sarezzo prosegue: «Non entro nel merito, ma mi sono messo nei panni di questa ragazza, ho riprovato le sensazioni vissute in quel momento e la cosa mi ha avvicinato a lei, creato solidarietà. Sta sperimentando cosa vuol dire perdere la libertà personale, perdere i diritti che si danno per scontati a migliaia di chilometri da casa e non riuscendo a comunicare con i cari che possono essere un conforto. Io ho provato tutti questi momenti».

Per Tiziano Ronchi l’accusa è stata quella d’essersi impossessato di un reperto nei pressi di un tempio. Nulla gli è stato mai trovato addosso e il procedimento si è concluso con una decisione di natura amministrativa. Ma prima d’arrivare alla conclusione del processo, per Tiziano Ronchi sono stati momenti duri. «In quei giorni, parlo per la mia vicenda - conferma - mi è stato molto d’aiuto sapere che a migliaia di chilometri di distanza qualcuno stava lavorando per sapere che tutto potesse risolversi. Molto d’aiuto anche le autorità italiane che hanno fatto il possibile».

Ma c’è stato anche altro: «Ho avuto fede in qualcosa di più grande: Dio, spirito, natura. Affidarmi a qualcosa di più grande mi ha dato tanta forza. Questa vicenda mi ha riaperto alla fede e alla fiducia in qualcosa di più grande». L’esperienza vissuta nel confronto con la giustizia nepalese è anche all’origine di un primo gesto concreto che Tiziano Ronchi vorrebbe compiere: «Spero in qualche modo di poter essere d’aiuto confortando la famiglia e in un secondo momento anche la giovane».

Ma nel frattempo ci sono altre considerazioni, figlie dell’esperienza vissuta, che possono rivelarsi importanti: «Conosciamo il nostro sistema giudiziario, non quello in cui si trova la ragazza; però la comunicazione è difficile, è difficile comprendere le sfaccettature. Una semplice richiesta o gesto possono andare a peggiorare. Anche da un punto di vista mediatico è meglio un profilo basso, mantenere il rispetto più profondo per le autorità che si hanno di fronte nonostante il disagio, espressioni rispettose in ogni caso».

Tutto ciò con ogni probabilità non è semplice in una situazione in cui emotività e apprensione dilagano. «Il momento più brutto - racconta in merito Tiziano Ronchi - è appunto quando vieni privato della libertà e non sai quanto tempo potrà passare, cosa sarà di te e devi abituarti a dare per scontate certe cose. Senza queste cose fa male a quanto tempo potrà passare ancora. C’è l’incognita del tempo». Ma soprattutto: «Si ha una sensazione d’impotenza, ci si sente bloccati, braccati. Non si scorge la minima possibilità di far valere le proprie parole, ci si sente impotenti, come un animale in gabbia».

Da tempo il docente è tornato in Italia: «Sta andando bene, sia all’Accademia, dove mi hanno sempre sostenuto, sia all’esterno dove ho ricominciato con alcuni progetti artistici. Sto tornando alla vita normale anche se non mancano gli strascichi». I problemi, si materializzano nelle ore che dovrebbero essere del riposo, quelle della notte: «Quando mi rilasso dalle attività, si fa sentire l’inconscio: ho sempre dormito come un bambino, non dormo più. Tornano le immagini di quei momenti. Per questo, tornando alla ragazza in Arabia Saudita, quando sarà finita, mi propongo d’ essere di supporto».•.

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