«In the name of love» Ottomila gli arcobaleni nella marcia di Brescia

di Paola Buizza
Tantissima gente ha affollato le strade di Brescia per PrideLa parlata bresciana ovviamente si è fatta sentire più delle altreIl gruppo di Bsamba19: grande ritmo in piazza Vittoria
Tantissima gente ha affollato le strade di Brescia per PrideLa parlata bresciana ovviamente si è fatta sentire più delle altreIl gruppo di Bsamba19: grande ritmo in piazza Vittoria
Tantissima gente ha affollato le strade di Brescia per PrideLa parlata bresciana ovviamente si è fatta sentire più delle altreIl gruppo di Bsamba19: grande ritmo in piazza Vittoria
Tantissima gente ha affollato le strade di Brescia per PrideLa parlata bresciana ovviamente si è fatta sentire più delle altreIl gruppo di Bsamba19: grande ritmo in piazza Vittoria

«Erano 7/8000», dice la Questura. «Almeno 12/13 mila» rilanciano gli organizzatori. Il solito balletto di numeri sui partecipanti, ma poco importa. Perché alla fine, il «BresciaPride 2019» ha raggiunto gli obiettivi del comitato organizzatore: ha sfilato «educato» e, al contempo, ha tirato «fuori la voce». E non lo ha fatto solo in nome del popolo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transgender), ma «per ogni persona discriminata a causa dell’orientamento sessuale, religioso, etnico e di genere». Certo, nella fiumana di persone c’erano personaggi eccentrici e un po’ in déshabillé, ma fa parte del gioco. O, per meglio dire, del colore. E ieri pomeriggio, in centro storico, tutti i colori dell’arcobaleno erano rappresentati. Dopo tutto, è sempre una festa. Anche se tra musica, balli, slogan e lanci di «palloncini» (da un carro distribuivano acqua, adesivi e preservativi colorati, rigorosamente impacchettati) il messaggio era chiaro: «ognuno ha diritto ad essere sé stesso». IL RITROVO. Appuntamento alle 15 in piazza Vittoria, punto di concentramento previsto dal Comitato Brescia Pride (formato da: Caramelle in piedi, chiesa Pastafariana, Donne di Cuori, Equanime). All’inizio non sembravano molti. Poi, però, sono arrivati. Soprattutto giovani: colorati e «armati» di slogan, acqua e sorrisi. Dieci, cento, mille, diecimila. C’erano proprio tutti: neonati, bambini, giovani, anziani e amici a quattro zampe vestiti a festa. Arrivati da città, provincia e anche oltre. Sette i comuni bresciani che, con il capoluogo, hanno dato patrocini e adesioni. Oltre 100 le associazioni rappresentate. Pronti a una manifestazione suggello di un lungo percorso. «Oggi la festa conclude sei mesi di eventi e progetti concreti - ricorda Melania Bossini del Comitato, citando - lo sportello counseling, gli incontri su cohousing, sessualità e disabilità. Tutte iniziative che vorremmo portare avanti». «C’è ancora molto lavoro da fare insieme - sostiene Alessandro Savoldi del Comitato che, spiega, - quest’anno si è aperto anche ai singoli cittadini per dare un chiaro messaggio di diversificazione». Savoldi rivolge un appello alle famiglie: «L’omofobia al loro interno è ancora molto alta. A chi non ha fatto il coming out dico di non aver paura perché ci sarà sempre qualcuno pronto a dargli quella famiglia di cui ha bisogno». Donatella Albini, delegata alla Sanità del Comune, in attesa di partire per il corteo, sottolinea: «I bresciani sanno chi sono gli omosessuali e i transgender: cittadini e cittadine come noi. Il problema lo hanno in testa gli altri, e forse anche nel cuore». Si fanno le 16. I carri sono pronti, la gente anche. Si parte. IL CORTEO. C’è chi guarda sbigottito, chi si fa travolgere dal ritmo scandito da musica e animatori al grido di «love is love». In testa: la Polizia, per il servizio d’ordine. In coda, i netturbini volontari - «teniamo pulita la città», è l’imperativo della manifestazione - in mezzo il popolo che non conosce distinzioni di sorta. A vigilare su tutto anche i City Angels e la Croce Rossa. Sparsi qua e là alcuni esponenti della giunta Del Bono e Vito Crimi, parlamentare bresciano del M5S. Alle finestre la gente saluta, per strada c’è chi sente empatia e chi prova fastidio: «Che schifo», lamenta qualcuno, scivolando con le borsine della spesa tra la folla, evitando il contatto. Per le amiche Tiziana e Loredana, invece: «È giusto ciò che chiedono. Ognuno ha il diritto di essere sé stesso». Un anziano guarda sorridente il corteo: «Mi divertono», ammette. Ma alla domanda: «Cosa pensa delle loro richieste?» non risponde e se ne va. «Ci sono molti migranti, vuol dire che è un corteo contro ogni forma di discriminazione» rileva, Abdelmajid Daoudagh, nato in Marocco ma residente da molti anni in Italia, mentre sullo sfondo due giovani si baciano. La giornata volge al termine e prima di tornare al punto di partenza, il corteo nel suo passaggio defilato da piazza Loggia omaggia con un lungo applauso le vittime della strage. Il passato, le lotte per i diritti e le vite sacrificate per essi, sono il leitmotive del Pride. Un sacrificio che riecheggia sul palco, nel comizio finale che allo Stato chiede, a gran voce, una legge contro l’omobitransfobia. Sul finale il cuore batte con i percussionisti di Bsamba19. A loro il compito di chiudere il Pride, prima che il Rainbow Pride Party illumini la notte. •

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