Alex Zampedri,
a tutto gas da
Brescia a New York

Alessandro «Alex» Zampedri, titolare di «Pearl&Ash» e di «Rebelle»
Alessandro «Alex» Zampedri, titolare di «Pearl&Ash» e di «Rebelle»
Alessandro «Alex» Zampedri, titolare di «Pearl&Ash» e di «Rebelle»
Alessandro «Alex» Zampedri, titolare di «Pearl&Ash» e di «Rebelle»

Un viaggio di sola andata per New York. Alessandro Zampedri è un imprenditore bresciano amante del rischio, che ha lasciato la città per trovare fortuna a Manhattan. Nel suo Dna ci sono prima di tutto le auto, visto che la sua famiglia è stata proprietaria a lungo della concessionaria Opel di via Duca degli Abruzzi. Sarà forse proprio per l’aria che ha respirato da bambino, che Zampedri sviluppa fin da giovanissimo una grande passione per la velocità. Inizia così la carriera da pilota automobilistico: a 20 anni, nel 1989, diventa Campione di Formula Alfa Boxer e, dopo essere passato per la F.3 e la F.3000, partecipa al campionato Indycar nel 1994 e nel 1995. Grande appassionato degli Stati Uniti, non perde l’occasione di partecipare anche al neonato campionato Indy Racing League, appena fondato dal proprietario dell'Indianapolis Motor Speedway, Tony George. Ma l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. E alla 500 Miglia di Indianapolis del 1996 Alex rimane coinvolto in un incidente gravissimo: all’ultimo giro, quando si trova al quarto posto, la sua vettura viene travolta da quella di Roberto Guerrero e Zampedri resta ferito agli arti inferiori. Non per questo si arrende. Dopo la riabilitazione, riprende la carriera nel 1997 nella Porsche Supercup, il campionato monomarca della casa di Stoccarda, che vince nel 2005. Eppure, dopo l’incidente, qualcosa è cambiato e vivere a 380 all’ora non ha più lo stesso fascino. Una cosa è certa: Brescia gli è diventata un po’ stretta, paragonata agli States. Così, Zampedri decide di vendere la concessionaria di famiglia per trasferirsi in pianta stabile a New York. Si occupa principalmente di Real Estate, ma diversifica il suo business seguendo altre due grandi passioni: l’hotellerie e la ristorazione. Nel 2011 nasce The Bowery House,«lodging house» del 1927, che diventa un ostello di lusso. Completamente ristrutturata, con camere che sembrano le cabine di una nave, accoglie giovani e viaggiatori che vogliono vivere l’atmosfera di Nolita, il quartiere a nord di Little Italy, meta modaiola e anticonvenzionale per le serate newyorkesi. I corridoi sono immersi nella penombra, il profumo di vaniglia è intenso. I bagni sono in comune, è vero, ma le piastrelle bianche e nere, la rubinetteria luccicante e le docce a pioggia ricordano un 5 stelle. È l’hotel più cliccato della zona, visto che si trova vicino a Soho, alla Old Saint Patrick's Cathedral e al New Museum of Contemporary Art, il primo museo di arte costruito ex novo nella down town di Manhattan, progettato dagli architetti giapponesi Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa per diventare un «contenitore» di nuove tendenze artistiche. Visto il successo dell’hotel, Zampedri si fa coraggio e fa un altro passo in più. Nel 2013 apre «Pearl and Ash», ristorante con pochi piatti, molto curati, e una cantina invidiabile, così speciale che nel 2014 la prestigiosa rivista Wine Spectator la incorona con il «Grand Award», riconoscimento assegnato a soli 78 ristoranti al mondo. Nella carta dei vini si trovano bottiglie come il Richebourg Grand Cru del 1997 da 2.935 dollari e La Tâche Grand Cru del 2006 da 3.880 dollari, fino a bottiglie da 4.930 dollari come Chambolle-Musigny 1er Cru «Amoureuses». Ad accompagnare questi vini preziosi piatti altrettanto interessanti, che sanciscono una fusione Francia e Stati Uniti, come fegato di pollo e foie gras, sunnyside egg e uva Concorde. Non mancano incursioni nella cucina italiana con i cavatelli al pepe nero, lardo, tuorlo d’uovo e briciole di pane. Fermarsi? Mai. Zampedri continua a premere sull’acceleratore. Decide così di aprire, proprio accanto al primo locale, un secondo ristorante, questa volta di altissima cucina. Si chiama «Rebelle» e lo chef è un giovane giramondo dalle mani fortunate, Daniel Eddy. Il risultato? In 4 mesi arriva la stella Michelin. Chi si siede al tavolo potrà assaggiare piatti come barbabietola, pera, melograno e radicchio tardivo, oppure pettine, ricci di mare, rape, nero di seppia, fino alla «regina» aragosta con cavoli, erbe fini. Posto d’onore per i dolci, tutti giocati sulla freschezza: si va dalla leggerezza di arancia sanguinella, pompelmo e gelato al tè earl gray, al gusto dolce e aromatico di nocciola, cioccolato, miele e gelato al timo, fino al tocco acidulo e tostato di pere, avena e sorbetto al latte di pecora. Tra i piatti vegetariani, che dimostrano come le verdure possano diventare gourmet, l’abbinamento tra carote, funghi «steccherini» e «trombette dei morti» e melanzana, vinaigrette di agrumi, marmellate di melanzane e coriandolo.

L’ambiente è sobrio e moderno, con opere d’arte alle pareti. Non ci sono vezzi, sembra che il messaggio sia: «Rilassatevi, divertitevi e concentratevi sui piatti».

E Brescia? Zampedri ci torna spesso per le vacanze, con la voglia di salutare parenti e amici, ma il cuore ormai è a stelle e strisce.

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