Il successo di
Radici e la stella
dovuta ad Abbattista

Fabio Abbattista con gli organizzatori del Radici Food Festival
Fabio Abbattista con gli organizzatori del Radici Food Festival
Fabio Abbattista con gli organizzatori del Radici Food Festival
Fabio Abbattista con gli organizzatori del Radici Food Festival

La prima tappa del Radici Food Festival, che si è svolto domenica scorsa nella stupenda location del Dal Dosso Miralago, ha dimostrato che per fare alta cucina ci vogliono cuore e passione, tecnica e intelligenza, capacità e modestia. Sulla spiaggia del Lido di Padenghe gli chef - stellati e non - hanno dimostrato che senza roner, sottovuoto, termometri e sifoni si possono creare grandi piatti. Se ne è accorto il pubblico, quando ha assaggiato l'uovo su purè di patate con fonduta di Gianni Tarabini, quando ha provato il caco affumicato con la bottarga di Augusto Pasini, lo storione bianco alle braci di Marco Sacco, la pizza fritta ripiena di Franco Pepe, il panettone alla brace di Alfonso Pepe, il burger creato da Matteo Felter con la carne della Macelleria Damini o l'asado che cuoceva da 8 ore di Emiliano Lopez. La verità e la potenza di ogni preparazione - creata partendo dal prodotto e utilizzando solo tecniche di cottura diretta e affumicatura - sono arrivate al cuore e al palato di tutti, senza bisogno di parole e di spiegazioni, lasciando un ricordo netto e coinvolgente che difficilmente verrà spazzato via dalla memoria. Al Radici Food Festival si è creato prima di tutto un gruppo di amici che ha condiviso e lanciato un nuovo modo di parlare della nostra terra, dei nostri produttori-eroi e della nouvelle vague (o, meglio, della nouvelle flamme) dei cuochi italiani, fatta di persone che non dimenticano le proprie Radici per arrivare alle Stelle. Tra gli entusiasti partecipanti della prima edizione anche Fabio Abbattista, giovane chef di origini pugliesi ormai saldamente alla guida dell'Albereta Relais e Chateaux in Franciacorta. A lui va il mio pensiero, che lascia il dispiacere di una sconfitta per tutti noi. Martedì scorso, infatti, è andato in scena uno degli eventi più importanti dell'enogastronomia: la presentazione dell'edizione 2017 della Guida Michelin. È inutile nasconderci dietro a false parole: la stella è, e resta, un coronamento per la carriera di un cuoco, oltre ad essere un riconoscimento carico di fascino. E Fabio Abbattista è uno chef di grande talento con esperienze importanti: ha lavorato a «La Pergola del Rome Cavalieri» al fianco dello chef tre stelle Michelin Heinz Beck, al ristorante due stelle Michelin «The Square» di Londra, al due stelle Michelin «Le Gavroche» con Michel Roux, allo stellato «Spoon» con Alain Ducasse e per tre anni è stato sous chef all’«Unico» di Milano, anche qui una stella Michelin. Ma nemmeno questo sarebbe sufficiente se nel piatto non sapesse dare emozioni incredibili. Ne ho conosciuti troppi di chef che si riempiono la bocca con nomi altisonanti, ma, se poi vai a fondo, in quelle cucine stellate ci sono passati solo per una toccata e fuga. Per Abbattista non è stato così. Tecnico e perfezionista, da sempre studia e ricerca, confrontandosi con gli ingredienti del territorio. La sua cucina, profondamente radicata nella cultura mediterranea, è fatta di ricerca di materie prime e di attenzione ai piccoli produttori, che seleziona personalmente, per fare in modo che ciascun piatto abbia davvero un cuore e possa rappresentare il lavoro e la passione di tante persone. Tra i piatti più riusciti c’è l'anguilla del nostro lago, un pesce dalle carni grasse e difficili da trattare, che viene affumicata secondo la tecnica giapponese e presentata con tre necessari accompagnamenti (riduzione al vin cotto e fichi, salsa al cerfoglio, cetriolo osmotizzato alla mela verde) che giocano con consistenze e acidità in modo così perfetto che resteresti in silenzio ad osservare il vassoio vuoto di legno ricordando l'emozione appena vissuta. I ravioli di zucca con spezie e ripieno di bagoss esplodono in bocca con una cremosità assoluta, mentre le lumache saltate con aglio e burro e servite con pastinaca e salsa teryaki ti riportano a sapori complessi, preziosi e dimenticati. La mise en place è curata ed elegante, dal supporto per l'aperitivo ricavato da un tronco di betulla, allo scrigno di legno in cui sono nascoste le praline e lo zabaione per la torta di rose: il design è studiato in prima persona da Abbattista per intensificare e rendere ancora più piena e divertente l'esperienza a tavola. La brigata lavora all'unisono ormai da tre anni: si sente forte l'energia di 13 giovani con esperienze internazionali e che rispondono con carattere e grazia alla guida dello chef, che sempre è il primo ad arrivare e l'ultimo ad andare via la sera. La location è d'eccezione, visto che l'Albereta è riconosciuto come uno dei Relais e Chateaux più belli del mondo. Una stella che manca da troppo a lungo e che lascia l’amaro in bocca.

 

Annalisa Leopolda Cavaleri  CRITICO ENOGASTRONOMICO

 

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