Leveillè difende
carbonara e
pasta col pomodoro

Phillippe Leveillé, chef bistellato del Miramonti l’Altro
Phillippe Leveillé, chef bistellato del Miramonti l’Altro
Phillippe Leveillé, chef bistellato del Miramonti l’Altro
Phillippe Leveillé, chef bistellato del Miramonti l’Altro

Panna, pancetta, Parmigiano e la pasta (stra)cotta insieme agli ingredienti. Un piatto da far accapponare la pelle e che non ricorda nemmeno lontanamente la nostra tanto amata carbonara. La ricetta è stata pubblicata dal sito francese «Demotivateur.fr», un tutorial che vedeva le farfalle Barilla galleggiare in una brodaglia a base di panna, pancetta e acqua di cottura. Trentadue secondi che hanno infiammato il web e scatenato le reazioni più accese contro questa straziante rilettura. Gli errori erano evidenti, dall’utilizzo della pancetta al posto del guanciale, fino all’«omissione» del pecorino. Per non parlare dell’aggiunta ingiustificata della panna e la cottura della pasta «come un risotto». Tra le voci che si sono alzate contro la carbonara d’oltralpe, anche quella di Phillippe Leveillé, cuoco francese ormai saldamente adottato dalla nostra provincia. «Diventerò il difensore della carbonara italiana» aveva scritto scherzosamente su Facebook dopo aver visto il sito pubblicato dai suoi compatrioti. «Devo dire che quella ricetta era veramente inguardabile – dice lo chef bistellato francese del ristorante Miramonti l’Altro -. Mi ha fatto sorridere e il mio intervento su Facebook era uno scherzo fatto con grande autoironia nei confronti del mio popolo. A voler ben vedere, però, dovremmo guardare prima nel nostro piatto, visto che per trovare paste fatte male non è necessario andare oltre confine: anche in Italia si sta perdendo la cura e l’amore per le ricette tradizionali. Ecco perché, nel mio menù di primavera, ho deciso di reinserire un grande classico: la pasta al pomodoro. Se fatta con amore e tecnica, può rendere molto felici con semplicità». L’importante è scegliere gli ingredienti giusti. «Io uso la pasta Verrigni perché conosco la famiglia e la serietà con cui lavorano – sottolinea Leveillé -. Non bisogna mai dimenticarsi che dietro a un prodotto ci sono le persone e il loro lavoro. Come pomodoro scelgo quello del Piennolo del Vesuvio, dal sentore intenso e deciso, che faccio cuocere intero per tutta la mattina e poi passo al setaccio a mano. Un episodio come quello della carbonara francese deve stimolare la riflessione e riportarci, con orgoglio, a difendere e valorizzare le ricette della nostra tradizione». Inutile cercare il video della falsa carbonara online: è stato visto in poche ore più di 1,3 milioni di volte e, alla luce delle reazioni negative, il sito ha deciso di rimuoverlo. Tra i commenti, anche quello di Barilla, chiamata in causa dall’utilizzo del proprio brand nella ricetta della discordia. «Mon dieu! Siamo aperti a tutte le interpretazioni creative della mitica Carbonara, ma questa va decisamente oltre… désolé!», hanno scritto. Per essere ancora più incisivi (e cavalcare il momento senza farsi sfuggire un po’ di pubblicità in più) i responsabili del noto marchio di pasta hanno pensato di rispondere in modo ancor più chiaro, cioè pubblicando un video di 40 secondi in cui sono mostrati nel dettaglio i passi per una vera carbonara. In passato questo piatto intramontabile è diventato protagonista anche dell’alta cucina grazie ad Alessandro Pipero, patron del ristorante Pipero al Rex, e a Luciano Monosilio, chef romano con una stella Michelin cucita sulla giacca. Sono stati i primi stellati a dedicare alla carbonara un’intera pagina del menù. Chiarissimi gli intenti: «Dalla ricetta autentica, almeno per noi: spaghetto al dente, solo rosso d’uovo e niente albume, guanciale mai pancetta, non olio bensì il grasso che si scioglie dal guanciale, pepe macinato, 50% parmigiano, 50% pecorino». Qui, nell’atmosfera ovattata del ristorante romano, a pochi passi dalla Stazione Centrale e dal Teatro dell’Opera, fino a due anni fa si trovava la carbonara venduta a peso, a seconda della fame dell’ospite: 10 euro ogni 50 grammi dose minima mezzo etto, dose massima 2 etti e mezzo. Senza andare a scomodare siti di ricette stranieri, ci sono stati esempi «nostrani» di variazioni di ricette che sono state poco gradite perché distanti dall’originale. Circa un anno fa, ad esempio, era scoppiato il caso di Carlo Cracco che, ospite della trasmissione «C’è posta per te», aveva dichiarato che nell’amatriciana metteva l’aglio in camicia. Apriti cielo. Il comune di Amatrice, in provincia di Rieti, luogo di origine del famoso piatto nazionale, aveva risposto immediatamente dicendo che gli unici ingredienti autorizzati per una buona amatriciana sono guanciale, pecorino, vino bianco, pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino. A gettare benzina sul fuoco dopo il fattaccio, era arrivato lo chef stellato Davide Oldani, pronto a far crollare un’altra certezza: «Il pesto alla ligure – dichiarò lo chef in un’intervista al Corriere della Sera – si può fare anche con il burro. Lo dice anche un libro antico di ricette liguri che possiedo da anni». Insomma, in cucina, come nella vita, non ci sono certezze, quindi affrettatevi a mangiare i piatti della tradizione nella vostra trattoria di fiducia…non si sa mai cosa potrebbe succedere.

 

Annalisa Cavaleri  CRITICO ENOGASTRONOMICO

Suggerimenti