Veronelli, un libro e una mostra per celebrare il grande Maestro

di Claudio Andrizzi
IL RICORDO. A Borgo Antico San Vitale (che ospita la rassegna) presentato il volume di Rota-Stefi. Fino al 31 gennaio sarà visitabile la rassegna con ben 375 acqueviti
Giuliano Gozio, Gian Arturo Rota e Marco Bolasco durante la presentazione
Giuliano Gozio, Gian Arturo Rota e Marco Bolasco durante la presentazione
Giuliano Gozio, Gian Arturo Rota e Marco Bolasco durante la presentazione
Giuliano Gozio, Gian Arturo Rota e Marco Bolasco durante la presentazione

La vita è troppo corta per bere vini cattivi: è una delle tante, lapidarie perle di saggezza che hanno costellato la vita e l'opera di Luigi Veronelli, il più geniale filosofo mai espresso dall'enogastronomia italiana.
ORA QUELLA celebre frase è stata scelta come titolo di una sorta di biografia non convenzionale nata dalla sinergia tra Slow Food e Giunti Editore: un libro presentato in anteprima nazionale ieri a Borgo Antico San Vitale, il «mausoleo» dei distillati condotto a Borgonato di Corte Franca dalla famiglia Gozio, proprietaria delle Distillerie Franciacorta. Una location certo non casuale, in quanto al lancio del volume è legata una singolare iniziativa che indaga su un'ulteriore sfaccettatura del mondo veronelliano: la sua grande, rigorosa e sconfinata passione per tutto quel che ruotava intorno al mondo della grappa, distillato tricolore per eccellenza. Tutto è nato da una visita dei fratelli Gozio alla cantina del Maestro, dove ancor oggi riposa un patrimonio di circa 40 mila bottiglie di vino: è stata tuttavia la selezione degli «spirits» a colpire gli imprenditori bresciani, che hanno subito pensato a un'iniziativa per portare a conoscenza degli appassionati un frammento di quella straordinaria collezione. È nata così la mostra che ha preso possesso delle stanze del museo del Borgo: un viaggio sentimentale fra le acqueviti di Veronelli, declinato in 375 etichette storiche scelte con cura fra le oltre 4.000 raccolte in tanti anni di studio e di ricerca, visitabile fino al prossimo 31 gennaio.
«OSPITARE questa esposizione ci riempie d'orgoglio», ha detto il mastro distillatore, Giuliano Gozio, introducendo il co-autore del libro Gian Arturo Rota (l'altro, Nichi Stefi, non ha potuto presenziare causa un infarto che lo ha colpito poche ore prima, fortunatamente senza conseguenze) e Marco Bolasco di Slow Food, che hanno dialogato sui temi di questa sorta di indagine fuori dal coro sull'uomo Veronelli. «Nel suo pensiero si possono riconoscere molti dei valori che da sempre caratterizzano Slow Food - ha affermato Bolasco -. Per questo nella collaborazione con Giunti abbiamo scelto di realizzare non tanto un saggio, quando un tentativo di far rivivere Veronelli ridando voce alle sue teorie, ai suoi pensieri, al suo modo di essere». A Rota, collaboratore del grande Gino per oltre vent'anni, curatore del suo archivio, il compito di riassumere due anni di lavoro condensati in 300 pagine idealmente costruite come un puzzle. «Abbiamo pensato ogni capitolo come un'entità autonoma, seguendo l'ordine che a lui era più caro, ovvero quello alfabetico - ha detto -. Credo fosse questo l'unico modo di rispecchiare una personalità tanto complessa e trasversale». Ma qual è, a otto anni dalla scomparsa, l'eredità più importante di Veronelli? «Innanzitutto il linguaggio - ha concluso Rota -. Gino ha saputo inventare un modo di raccontare l'enogastronomia, tuttora è un punto di riferimento per gli operatori del settore. Ma soprattutto è riuscito a ridare consapevolezza e orgoglio a un mondo contadino che, fino a 40 anni fa, rischiava di scomparire».
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