IDEE DIGITALI SUL FUTURO

di Floriana Donati
Aldo Cibic, 63 anni, originario di Schio, designer internazionale La nuvola dell’installazione al Florian dove interrogare il pubblico
Aldo Cibic, 63 anni, originario di Schio, designer internazionale La nuvola dell’installazione al Florian dove interrogare il pubblico
Aldo Cibic, 63 anni, originario di Schio, designer internazionale La nuvola dell’installazione al Florian dove interrogare il pubblico
Aldo Cibic, 63 anni, originario di Schio, designer internazionale La nuvola dell’installazione al Florian dove interrogare il pubblico

Una nuvola digitale galleggia colorata tra i tavolini dello storico caffè Florian di Venezia, riplasmata di continuo da un flusso di segnali che vi riversano, in versione 3D, sogni e desideri sulla vita e sul design di chiunque partecipi alla costruzione di questo speciale data-base collettivo, fonte di idee e progetti di cambiamento per il futuro. Bastano 5 minuti - da oggi al 8 settembre- per digitare risposte in forma anonima alle 16 domande sulla propria visione del futuro, proposte da “InComplete” la mostra/installazione ideata dall’architetto/designer vicentino Aldo Cibic come una nuova piattaforma di ricerca sul design: “Uno strumento utile a chi progetta per capire meglio, attraverso i dati raccolti, lo spirito del tempo in cui viviamo”. L’obiettivo è avvicinare tra loro le persone, perché possano cambiare e migliorare insieme l’ambiente che le circonda, rendendole partecipi dei risultati di questa originale indagine. Oggi a Venezia dalle 9,30, insieme al curatore Stefano Stipitivich, direttore artistico del caffè Florian, Cibic illustrerà questa piattaforma informatica in open source (ndr. sorgente aperta, software liberamente modificabile dagli utenti), sensibile al tema “FreeSpace” proposto in contemporanea dalla 16° Biennale di Architettura che si apre al pubblico sabato 26 maggio. «Rimboccarsi le maniche per cercare di essere parte attiva del cambiamento» invita Cibic con il suo gruppo di ricerca Italian Innovation, che al design di oggetti preferisce il design di servizi progettando processi in grado di renderli semplici, funzionali e piacevoli al consumatore, dopo averne conosciuto i comportamenti, bisogni e motivazioni. «Ho bisogno di sapere cosa pensano le persone normali rispetto ai grandi problemi che ci riguardano, che bisogni sentono, che paure e desideri hanno» dice. Le interroga per capire cosa ha senso fare per poter sognare e progettare un futuro sostenibile: è il “design process”, un nuovo modo di progettare connesso all’intelligenza collettiva. Una community costruita sulla condivisione di persone. Airbnb e Uber insegnano. Incrociando macro categorie come natura, società e nuove tecnologie con una prima selezione di temi (mancanze, opportunità, progresso, design), “In Complete” immagina che agire insieme per percepire le enormi criticità come altrettanti spunti progettuali, può essere una rivoluzione epocale. Cosa ci manca e cosa facciamo per ottenere quello di cui abbiamo bisogno? Che opportunità abbiamo? Sono per tutti o solo per alcuni di noi? Come essere parte attiva di un processo che generi maggior condivisione, maggiore armonia? Di che tipo di progresso stiamo parlando? Cosa fare di fronte a un’evoluzione tecnologica incredibilmente rapida che genera nuove possibilità ma anche nuove paure? Che parte può avere il design in tutto ciò? È dagli anni Novanta che Cibic progetta opportunità di miglioramento sociale intrecciando dinamiche economiche e sociali rispetto al design e all’architettura, sperimentando in diversi corsi universitari microeconomie alternative e innovative. «Nel 1992 - spiega - da un corso per la Domus Academy è nato Family Business, un progetto di luoghi basati sulle interazioni sociali, di fatto la prima apparizione del design dei servizi, che si evolverà in New Stories New Design (2002) disegnando nuovi lavori, nuove attività, nuovi business». Nelle Biennali di Architettura del 2004 e 2010, con “Microrealities” e “Rethinking Happiness” inventava narrazioni contemporanee per moltiplicare le opportunità di incontri e condivisioni. Oggi trascorre molto tempo a San Francisco nella Silicon Valley: «E’ un laboratorio di futuro, bacino di intelligenze che arrivano da tutto il mondo, luogo emblematico di cambiamento in seguito alle invenzioni legate all’intelligenza artificiale, dove gli ingegneri sfornano continue innovazioni tecnologiche, mentre l’Italia fa la bella addormentata; voglio capire come immettere la mia componente umanistica in questa innovazione totalmente tecnologica». A fine mostra, fra tre mesi, “InComplete” diventa una piattaforma di discussione tra antropologi, sociologi, economisti, futurologi da cui attingere spunti progettuali per varie problematiche, con approccio interdisciplinare, su sanità, ambiente, sociale: “luoghi” dove il design può dare il suo contributo. «Tra vent’anni, se ci guarderemo indietro - è la riflessione del designer - potremo dire di aver fatto il possibile per evitare certe derive negative di questo progresso?”. • © RIPRODUZIONE RISERVATA