Piero Valetti

«Il modellismo è una vocazione La vera arte della pazienza»

Il catalogo omerico delle navi rivive qui. Si aggiorna ai tempi nostri, assorbendo anche il fascino dei secoli recenti con quei velieri che fanno sognare nei fumetti di Dylan Dog. È il gioco che non finisce mai, perché a volte l’importante non è finire e quasi ti dispiace deporre l’ultimo pezzo e passare ad altro. Tu chiamalo, se vuoi, modellismo: la passione - la cifra - di Piero Valetti, bresciano, franciacortino di Gussago, fuoriclasse di quest’arte domestica minuziosa e specialissima, inossidabile figlio della seconda guerra mondiale. Giorni severi di stenti al gusto di latte condensato. Giorni che temprano il carattere e stimolano il colpo d’occhio.

Com’è nata la sua vocazione?
È partita da lontano, da quando andavo a scuola ed ero piccolo. Nel 1950, avevo 8 anni. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, ne farò 81. Ho avuto la fortuna di avere il maestro Muro, bravissimo, che ci faceva fare lavoretti intelligenti in classe già alle elementari. Si andava a scuola il sabato e facevamo manualità per un paio d’ore. Pian piano ho preso dimestichezza e sono andato avanti.

Ha conosciuto il modellismo sui banchi di scuola, dunque?
Sì, prima ero troppo piccolo per averne anche solo sentito parlare. Col maestro feci la scoperta e facevamo di tutto, ci mostrava gli utilizzi del fil di ferro, facevamo cubi e piramidi, ci davamo da fare col traforo. Ero portato.

Se uno non lo è?
Meglio che lasci perdere. Io cominciai con gli aeroplani. C’era un negozio a Brescia, in via Pace: i fratelli Rossi vendevano materiale per il modellismo.

Per comprarlo risparmiava sulla paghetta?
Ma quale paghetta... Si faceva avanti e indietro in bici da Gussago, a prendere la balsa da lavorare col temperino. Facevamo volare, io e i miei amici, modellini di aereo con i cavi d’acciaio, muovendo gli alettoni con una maniglia, come fossero burattini. Si piegavano le ali... E volavano. Io li costruivo. Era divertente, come un sogno che s’avvera. A patto d’impegnarsi parecchio, naturalmente.

Aerei e poi?
La mia preferenza andava ai velieri, con le loro belle statuine. Ho cominciato così. E sono ancora qua a farne.

Velieri, vascelli, galeoni. Quanti ne ha fatti nella sua vita?
Una quindicina direi. Alcuni hanno richiesto anni e anni.

Mai stato marinaio?
Sì, sulla Corvetta Baionetta, quella che era stata del re. Quando ero giovane.

Adesso che è in pensione, la passione di sempre è immutata.
Assolutamente. Sono pensionato da trent’anni ormai e ogni giorno mi dedico al modellismo, anche 12 ore di fila. Comincio al mattino e finisco la notte. Felice di dedicarmi ai dettagli.

Colonna sonora?
Nessuna. Silenzio e concentrazione. Al massimo le urla della moglie... Ma solo ogni tanto.

Ha vinto tanti concorsi con le sue imbarcazioni completamente fatte a mano. Partecipa ancora?
Mi sono tolto soddisfazioni, sì, ma ho smesso quando ho visto prendere premi anche chi magari aveva portato un ciocco di legno solo perché era amico dell’amico. Ma dico, ma che senso ha? Cose che detesto e da cui mi sono voluto allontanare. Dopo aver visto cose che non mi piacevano mi sono stufato. Per reazione ho buttato via le coppe, buttato via tutto. Basta.

La sua passione è rilassante come sembra?
Come dipingere, come pescare. Io di mio sono un po’ orso e quando mi chiedono quanto vale una mia nave mi arrabbio un po’. È difficile quantificare un lavoro che ti ha richiesto anni. Duemila ore, dieci euro l’ora per dire: chi te li dà?

Il veliero più bello?
La sovrana dei mari.

Hobby? Calcio?
Mi piace. Ma preferisco sempre dedicarmi alla mia passione, fare cose con le mani.

Un aggiustatutto.
Sì, mi viene facile. Sono un tipo pratico, è tutta esperienza. Ho fatto il modellista per fonderie, da ragazzo; ho fatto il fabbro, ho lavorato in ufficio, all’Om, sono stato militare... Ne ho fatte. Sono stato 10 anni con i frati a San Francesco, facevamo il presepe meccanico fra novembre e dicembre, prima del Covid.

Prossimo modellino?
Ne ho iniziato uno da 5 anni. Un vascello.

Imbarcazioni più piccole?
Ho fatto una nave vichinga, come quella famosa esposta in un museo in Danimarca.

Se fosse bambino oggi, si appassionerebbe ai videogiochi? 
Non credo. Ho sempre prediletto la manualità, tutto ciò che la richiede.

Ma a scuola la manualità non la insegnano quasi più.
Difatti dovrebbero: va alimentata e sviluppata sempre. Ricordo che ero bravo a disegnare. In seconda elementare c'era un libro con una donna sarda e la sua anfora in testa. Prendo spunto dal libro cercando di riprodurre l'immagine disegnando, arriva la maestra e mi dà uno schiaffone da farmi girare la testa: «Vi avevo detto di non ricopiare usando la carta ricalcante!». Ma io non l'avevo usata affatto.

Era la sua mano.
Sì. Per questo dico che chi è negato deve evitare: per certe cose o sei portato oppure lascia perdere, perché altrimenti perdi la pazienza. A volte mi scappa il temperino e dopo una settimana devo buttare tutto il lavoro fatto su un dettaglio. Ricomincio da capo, serenamente. Perché so che sono fatto per fare questo. Ho costruito un piccolo Vasa, il vascello svedese che nel '600 affondò subito dopo il varo. Cento soldati con le loro spade, piano piano, uno per uno, con molta calma. Se non hai pazienza, come fai a tenere duro?

Il modellismo è l'arte della pazienza?
È arte, sicuro, e richiede pazienza, tanta. Quindi sì, assolutamente. Maledetta passione! Ma benedetta, ancor di più..

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