l'intervista

Maria Grazia Cucinotta: «Volevo cambiare vita e presi il treno per Brescia»

di Gian Paolo Laffranchi
Attrice, produttrice, conduttrice, ex modella, è nata a Messina il 27 luglio 1968. Da ragazza si trasferì a Brescia (dove vive il fratello) per realizzare i suoi sogni
Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta
Maria Grazia Cucinotta

Il destino di Maria Grazia Cucinotta era già scritto, anche se non era quello che sembrava. Le poste nel Dna: «Mio padre faceva il postino, come poi mio fratello, mia sorella, mio cognato e mia nipote. Anch'io avevo vinto il concorso e un contratto di tre mesi, ma ci ho rinunciato: ormai avevo preso la mia strada». Che l'avrebbe portata al successo - Ça va sans dire - con «Il postino», il film da Oscar con Massimo Troisi, e sarebbe passata da Brescia.«Sono partita da Messina, ho preso il treno e sono salita a Brescia perché volevo cambiare vita», ricorda l'attrice e produttrice che aveva cominciato da modella. Oltre trent'anni dopo quel viaggio così determinante la sua carriera procede a gonfie vele e negli ultimi mesi le soddisfazioni si sono moltiplicate.

Con «Gli anni belli», la pellicola passata dal grande schermo a Sky proprio in questi giorni, si ritorna a un '94 così lontano e così vicino attraverso il racconto di formazione di una generazione. Se ripensa a quei tempi?

Era un anno fondamentale per me: era uscito «Il postino», mi ero trasferita a Los Angeles e da lì assistevo al massacro mediatico che subiva l'Italia, non si parlava d'altro che dei nostri scandali politici. Ho amato l'idea di un film che sa rispecchiare il profondo cambiamento in atto.

Da «Sacrificio disumano» a «Brividi d'autore»: progetti spiazzanti, coraggiosi, che hanno ottenuto premi e consensi. Se l'aspettava?

Mi attirava la possibilità di parlare di argomenti tabù che nessuno affronta. Difficile raccontare storie vere che superano l'immaginazione: mi rendo conto di cos'è la realtà con «Vite senza paura», la onlus che ho fondato in cui collaborano tante professioniste, psicologhe, avvocate e magistrate in prima linea contro la violenza di genere. Nessuno parla dei bambini sottratti alle famiglie per fare riti satanici. Le sette sono una lobby e fanno paura, sacrificano innocenti per la smania di sentirsi superpotenti. Mi sono messa alla prova, per una madre non è stato facile.

Questi brividi cinematografici passano dalla collaborazione affinata con il regista Pierfrancesco Campanella.

Ha una personalità forte, uno stile tutto suo. Ha deciso di unire cortometraggi in un'opera unitaria, con l'idea di una regista «strana», sopra le righe, che cerca con difficoltà di girare il suo film. Io non amo l'horror, è un genere molto distante da me. Ho recitato in «The rite» ed è stato un'esperienza forte, con un pizzico d'ansia, anche se era bellissimo poter affiancare un mito come Anthony Hopkins.

Rewind, 1987: si parte da qui per capire come la postina mancata è diventata un'attrice di successo.

Dovevo seguire i miei sogni. Mio papà mi ha tenuto il muso per un sacco di tempo, fino al film con Troisi perché con «Il postino» in qualche modo ho esaudito il suo desiderio. Da ragazza avevo messo da parte 600 mila lire in 3 anni lavorando d'estate e dopo aver ottenuto il diploma di analisi contabile chiesi di potermi trasferire al Nord dove già viveva mio fratello Gaetano, postino a Brescia. Mi trovò un posto da segretaria, poi visto che per arrotondare faceva il fotografo mi compose il primo book.

Dove scattaste le foto?

In Castello, a Brescia. Quando avevo partecipato a Miss Italia non avevo vinto ma un'agenzia di Milano mi aveva notato. Andai con mio fratello, con le nostre foto, e ottenni il primo provino. Cominciai così.

Ricordi bresciani?

Splendidi. Andavamo al lago, in discoteca. Per anni ho fatto avanti e indietro, direi assiduamente fino al '93. Stavamo in centro vicino al Duomo ed era bellissimo, non dimentico il profumo dei krapfen caldi a colazione, crema e cioccolato. Poi Gaetano si è trasferito a Castel Mella. Quando torno nel Bresciano, lo raggiungo lì.

In principio fu «Indietro tutta!»

Renzo Arbore e compagnia mi prendevano in giro senza pietà, ma mi presero anche in trasmissione e ne fui felice. Era il 1987 ed era un allegro, divertentissimo caos.

Al cinema il debutto con «Vacanze di Natale '90», il successo internazionale da Oscar con «Il postino» nel '94. Che ricordo ha di Troisi?

Meraviglioso. Un grande attore e un uomo di una pazienza infinita. Avevo conosciuto la sua fidanzata Nathalie Caldonazzo a Fantastico 10, con Massimo Ranieri e Anna Oxa, ed era nata la possibilità di un provino per il film: «Sei perfetta», diceva. Sarò grata per tutta la vita per la chance che mi ha concesso. Da 28 anni m'impegno per meritarmi questo lavoro. Ho faticato tantissimo e sfruttato ogni discesa per risalire imparando, sperimentando. Ho il senso della realtà vera perché ho sempre fatto volontariato. Mi espongo, mi attivo per i bambini affetti da Sma, per dare voce a chi non ha voce. Vado nelle scuole per parlare di violenze da combattere con i ragazzi che ne subiscono, con quelli che vogliono capire e migliorare il mondo in cui vivono. Per fortuna sono tanti.

Lei ha rifiutato «L'avvocato del diavolo» perché la sua parte prevedeva un nudo continuo, spazia dalla leggerezza negli spot con Del Piero all'impegno degli ultimi progetti d'autore. Alla fine il segreto è reinventarsi? Pensando anche al percorso di colleghi con cui ha collaborato nel corso della sua carriera, come Ambra Angiolini per esempio.

Sono curiosa, non mi fermo. Non ho mai paura di ricominciare. Ambra è straordinaria, ci assomigliamo per la voglia di metterci sempre alla prova, in discussione. La notorietà è arrivata, la gente mi riconosce e mi sostiene, ho avuto la fortuna di fare film internazionali e cerco di rappresentare degnamente il nostro Paese che ha un patrimonio storico e culturale inestimabile. I nostri film sono studiati ovunque, ma qui non ci rendiamo conto, i ragazzi non hanno più modo di capire l'importanza di Federico Fellini, Vittorio De Sica e Massimo Troisi. Io credo nei giovani, ne conosco tanti che hanno testa e cuore: sta a noi coltivare la loro curiosità, farli andare oltre Tik Tok.

Ha recitato in un film della saga di James Bond, «Il mondo non basta», ma anche in un episodio de «I soprano». Chi l'ha colpita di più fra le star internazionali?

Un onore aver potuto incontrare Woody Allen, David Schwimmer, Kiefer Sutherland, Sharon Stone... All'estero anche i big sono meno snob, c'è meno l'abitudine di parlar male: quando ho aperto la società di produzione ho avvertito tanto scetticismo intorno a me. Io dico che se spendi il tuo tempo a criticare gli altri, la tua è una vita vuota. Sarebbe meglio sorridere ogni tanto.

Attrice, produttrice, anche conduttrice televisiva su La7 con «L'ingrediente perfetto»: se dovesse definirsi oggi?

Sono una persona che sta crescendo. Ho vinto tante paure anche quando mi tremavano le gambe: ho debuttato a teatro a 50 anni, sono riuscita ad avere un programma in tv ricevendo subito il Premio Moige. Ho imparato che voglio essere me stessa: preferisco la verità, me la tengo cara.

Se avessero predetto alla ragazza che prendeva il treno per salire al nord che avrebbe fatto tutta questa strada, cos'avrebbe pensato?

«Figurati. Ma dove stai andando...»

Cosa fa quando ha un minuto di tempo libero?

Mi butto in giardino. Amo le piante, ho preso il Dna contadino di mia madre. E leggo, leggo tantissimo.

Tornerà a Brescia?

Certo! Lo faccio spasso. E sarò in città in ottobre alla «Race for the cure» per la lotta ai tumori del seno. Un appuntamento da non mancare.

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