INTERVISTA

Paolo Beschi

«Il mio sogno? Registrare tutte le sinfonie di Haydn»

Ogni respiro, una nota. Ogni battito, un ritmo. Paolo Beschi vive nella musica da quando era nel ventre materno. Con la musica, per la musica: identificazione totale. «Nasco da una famiglia molto musicale, sì - sorride il violoncellista di Brescia, apprezzato in Italia e nel mondo -. Nella mia vita suonare è sempre stato qualcosa di naturale».

Una vocazione, più che una scelta, che resiste e cresce alle soglie dei settant’anni. Età percepita?
Decisamente meno. Unica cosa, rispetto a un tempo mi stanco più facilmente.

A casa tutti musicisti.
Sì: cinque fratelli, abbiamo tutti studiato uno strumento. Francesco il violino, Emanuele la viola, Vincenzo il fagotto, Chiara il pianoforte.

E lei il violoncello.
Sì, da subito.

I Beschi come un piccolo ensemble, anche se un fratello poi si è dedicato ad altro.
Mio fratello Francesco, vescovo di Bergamo.

La stessa città in cui suo fratello Emanuele è stato chiamato a dirigere il Conservatorio Donizetti: Brescia e Bergamo a casa vostra sono un’unica capitale da sempre, senza bisogno di aspettare il 2023 della cultura. Quando vi trovate tutti insieme scatta il concerto?
In alcune occasioni io e i miei fratelli ci esibiamo insieme: da tradizione, il giorno di Pasquetta. Ora anche d’estate, durante la vacanza all’Alpe di Siusi organizzata da Francesco. Di giorno passeggiamo, la sera suoniamo.

Merito, non solo ma anche, dei genitori?
Sicuramente. Ci hanno introdotto alla musica e mandato al Conservatorio. Grande la passione di mio papà, che era anche pittore dilettante oltre che ferroviere, amante dell’arte in generale e della musica in particolare. La mamma ha voluto che studiassimo tutti uno strumento e andassimo all’università. Suo fratello suonava la viola di professione.

Dopo aver collaborato per 10 anni con il gruppo Musica Insieme di Cremona, è passato dalla contemporanea alla barocca con Il Giardino Armonico, che coltiva ormai da 37 anni.
Ed è bello avere sempre nuovi traguardi artistici da tagliare insieme. Una magnifica cosa è il progetto Haydn 2032, con la registrazione di tutte le sue sinfonie.

Molto ambizioso.
Un sogno che può diventare realtà soltanto grazie a sponsor svizzeri.

Lei è abituato a dare del tu alle composizioni di Bach, ma anche Haydn fa parte del suo bagaglio da sempre.
Certo. Questo progetto rientra nel mio percorso, visto che insegnato per 45 anni quartetto: Haydn è uno degli autori che ho studiato di più. Ci attende un lavoro di approfondimento ulteriore, speriamo di farlo nel modo giusto. Non siamo soli.

Chi vi accompagna?
La Kammerorchester Basel di Basilea. Dividiamo il compito che ci siamo assunti con loro. Utilizziamo strumenti originali, facciamo qualcosa anche insieme... Peraltro abbiamo già fatto anche un disco insieme. Uniamo gli intenti e le forze.

È stato invitato ripetutamente a Weimar, per il Bach Biennale Festival. Ha notorietà ben oltre i confini nazionali. Si è mai chiesto come sarebbe stata la sua vita se anziché a Brescia fosse nato a Londra o a Parigi?
Sì. E credo che sarebbe stata diversa. Le opportunità non mi sarebbero mancate in grandi capitali europee, ma mi ritengo in ogni caso molto fortunato: sono nato nel momento giusto al posto giusto, la mia vita è sempre stata piena di musica, ho potuto assaporare il lungo momento d’oro che ha interessato il nostro Paese in quest’ambito.

Adesso le cose vanno diversamente?
In Italia si va in discesa libera, purtroppo. Sono proprio le possibilità a mancare ai giovani. Le faccio un esempio: io mi sono diplomato e ho iniziato subito a insegnare, avevo già maturato l’esperienza e i punti per diventare docente. Così ho cominciato presto anche a mantenermi attraverso la musica.

Oggi non potrebbe fare la stessa cosa?
No, sarebbe impensabile. È cambiato tutto in peggio, fare della musica un mestiere è sempre più difficile.

Cosa ricorda della prima avventura con il gruppo Musica Insieme?
Tanta musica da camera, Schumann, Mozart… Poi ho iniziato ad occuparmi di musica antica. Mi attirava quel mondo e mi sono messo a studiare il violoncello barocco.

Se avesse vent’anni oggi?
Quasi sicuramente sarei già emigrato. Al 95 per cento sarei andato via e spingo i miei allievi a farlo. Ma non per tagliare i ponti con un Paese che amo. 

E che ha significato tanto nella storia della musica.
Esattamente. Ma adesso in Italia a livello istituzionale scrivono la parola musica con la «m» minuscola. Oltralpe è Musica con la maiuscola; c'è tutto un altro rapporto con le istituzioni. Qua spesso per la gente comune musica è sinonimo di divertimento e basta. Un hobby, un passatempo.

Quindi il problema è anche culturale, prima di arrivare a un piano istituzionale?
È generale: semplicemente, la musica meriterebbe una considerazione diversa anche qui.

Una vita in musica: da 1 a 100, quanto si sente barocco?
Direi 60.

Quanto musicista da camera?
Al 100 per 100.

Quanto pop?
Non lo pratico, ma mi piace. Quindi dico 90.

Quanto rock?
Penso alla mia adolescenza...

A cavallo fra '60 e '70: era un periodo eccezionale.
Beatles, Jimi Hendrix, Led Zeppelin... E nella musica io non ho mai visto steccati: il rock mi piace. Quindi, 80.

Il jazz?
Lo sento molto vicino: 90.

Con chi le piacerebbe suonare adesso?
Con i musicisti insieme ai quali suono già, grandi per davvero. A dicembre inciderò un disco con una violinista del valore di Isabelle Faust... Sono fortunato. Fuori dal mio campo, mi piace enormemente Stefano Bollani. Così geniale! Non so come potremmo collaborare, su quale terreno comune. Ma sarebbe bello.

Se non suonasse di mestiere?
Forse avrei fatto volentieri qualcosa come il giardiniere. Nella natura, facendola crescere.

Brescia è più la città del tondino, dei papi e dei politici, o di Benedetti Michelangeli?
Brescia è un po' tutto questo. Nell'ultima commissione per le graduatorie al Conservatorio un direttore d'orchestra milanese mi ha detto «Si capisce che sei bresciano, sei creativo ma concreto». La pasta è quella anche se abito a Como da tanti anni, con mia moglie Federica. Abbiamo 3 figli: Marco percussionista, Giacomo ingegnere, Laura ballerina.

Con sua moglie Federica Valli ha fondato il gruppo La Gaia Scienza: strumenti originali, concerti in tutto il mondo.
Federica suona anche il clavicembalo. Sì, nella nostra vita la musica non manca mai..

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