Passione Purgato Scarpini e camicia «Pianifico il futuro»

di Stefano Joppi
Roberto Purgato ai tempi dell’Audace
Roberto Purgato ai tempi dell’Audace
Roberto Purgato ai tempi dell’Audace
Roberto Purgato ai tempi dell’Audace

Da giocatore a presidente. Roberto Purgato estrosa ala destra dell’Audace, ma non solo, ha una parlantina sciolta e i ricordi si accavallano in quella che è stata una lunga carriera sui campi della provincia. Una passione, quella per il calcio, che l’ha spinto negli ultimi anni da giocatore a fare la pazzia: insieme a dei soci prendere in mano le redini della storica società di San Michele. Un impegno che continua a distanza di sette anni. «La pandemia per covid-19 ha fermato tutta l’attività agonistica dilettantistica. Giusto cosi per carità ma adesso speriamo di ripartire a settembre. No, non mi sono “disintossicato” dal pallone. Mi è mancato eccome, sono stato in astinenza», attacca Purgato grande estimatore di Chris Waddle, nazionale inglese in auge tra gli anni '80 e i '90, con i suoi dribbling ubriacanti e la sua anima operaia. «Lui è stato un vero esterno estroso, altro che Bruno Conti e Claudio Sala. Mi faceva impazzire. Nel mio piccolo cercavo di emularlo. Per carità di assist ne ho fatti parecchi ma di gol non molti a dire il vero. Ho iniziato da bambino nell’Olimpia per poi passare subito nelle giovanili dell’Hellas Verona fino alla Primavera. Di quell’annata ricordo Damiano Tommasi. Lasciati i colori gialloblù a diciott’anni sono stato aggregato all’Audace, prima nella Juniores e poi in Prima squadra», continua a raccontare Purgato che ha smesso di correre dietro al pallone a quarant’anni suonati. «Quante storie, partite, amici, avversari. Impossibile fare una graduatoria dei momenti più importanti. Emozionanti? Beh forse perché ero già “vecchio” è stata la sfida play-out nel 2012 contro la Virtus in Promozione. Retrocedemmo dopo due pareggi ma ricordo bene le palpitazione di quelle due partite. Venivamo da una stagione veramente difficile e tutti avevamo deciso di continuare, pur senza ricever nessun rimborso spese. Andavamo a mendicare campi d’allenamento visto che il Tiberghien era in ristrutturazione. Giocavamo solo per passione in un gruppo particolarmente coeso. Riuscimmo ad arrivare miracolosamente fino ai play-out. All’ultimo miglio la retrocessione per la peggior posizione di classifica al termine della stagione regolare». Tra il suo peregrinare sui campi di calcio rimane un cruccio. «Non ho mai giocato in serie D nonostante sia riuscito a conquistare la categoria quando vestivo la maglia del Domegliara. Vincemmo due campionati di fila passando dalla Promozione alla Quarta serie. Avevo trentadue anni ma anche un lavoro nella mia ditta che non mi permetteva di pensare solo al calcio. No, non ho smesso. Sono andato al Vigasio e per tre stagioni ho continuato a correre lungo la fascia destra. C’è stato poi un breve periodo di stop e per non perdere il tono muscolare, a febbraio, mi allenavo con l’Audace. Erano passati diciassette anni dal debutto con la casacca rossonera. Beh, la voglia non mancava e ho ripreso a tutta birra, vinto il campionato di Prima Categoria, giocato in Promozione fino alla retrocessione». «Lì ho smesso ma subito dopo sono subentrato come presidente dell’Audace. Un ruolo che dà soddisfazioni. Mi piace e continua dopo sette anni a darmi l’adrenalina giusta. No, non ho mai pensato di fare l’allenatore. Amo stare seduto dietro ad una scrivania e pianificare il futuro. L’Audace è in Promozione e non ci poniamo limiti. L’importante è ripartire». •.

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