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La maxi rivoluzione del formato «mignon»

I pregi della Mini? Carrozzeria mignon (è lunga  tre metri),  ruote di piccolo diametro, motore anteriore trasversale e trazione anteriore
I pregi della Mini? Carrozzeria mignon (è lunga tre metri), ruote di piccolo diametro, motore anteriore trasversale e trazione anteriore
I pregi della Mini? Carrozzeria mignon (è lunga  tre metri),  ruote di piccolo diametro, motore anteriore trasversale e trazione anteriore
I pregi della Mini? Carrozzeria mignon (è lunga tre metri), ruote di piccolo diametro, motore anteriore trasversale e trazione anteriore

Sessant’anni e non sentirli. Nel 1959 nasceva una delle auto più amate e rivoluzionarie di tutti i tempi: la Mini. Finora è stata prodotta in oltre cinque milioni di esemplari. Il fascino dell’esordio è rimasto immutato facendo sognare anche oggi moltissimi appassionati. Il successo è dovuto principalmente a due colpi di genio del suo inventore Alexander Arnold Constantine Issigonis: il motore anteriore trasversale e la trazione anteriore che l’hanno resa attuale fino ai tempi nostri. Ma, dettagli tecnici a parte, sono tanti altri i pregi della piccola utilitaria che debuttò nel lontano 1959. Il motore era un piccolo 850 cc da appena 37 cavalli. La carrozzeria era «mignon», con una lunghezza di appena tre metri. Le ruote di piccolo diametro. Il motore anteriore trasversale e la trazione anteriore, però, facevano miracoli sul fronte dell’abitabilità, non rubando spazio agli interni. La tenuta di strada era di alto livello grazie al baricentro basso che la faceva assomigliare più a un go kart che ad un’utilitaria. Il mix perfetto era completato con l’affidabilità e i consumi ridotti. La Bmc, British Motor Corporation, fece iniziare la produzione negli stabilimenti Austin di Longbridge (Birmingham) con la successiva commercializzazione come Morris Mini Minor e Austin Seven. Il successo fu immediato. Nel 1965 si superò il milione di esemplari venduti. Iniziarono le versioni speciali, a partire da quelle più pepate come la John Cooper (allestimento che è rimasto sulle successive Mini fino ad oggi), che prende il nome dall’ex pilota di Formula Uno che si era innamorato della piccola vettura inglese. La sua elaborazione portò la vettura ad una potenza di 55 cavalli per 130 chilometri orari di velocità massima. Prestazioni notevoli per l’epoca. Dopo la giardinetta con passo allungato con porte a battente posteriori e profili in legno, già in produzione nel 1961, nel 1969 prese forma la Clubman, berlina e station wagon (anche questa ancora oggi presente a listino). L’ultima Mini «classica» uscì dagli stabilimenti nel 2000, dopo quarant’anni di successi e oltre cinque milioni e di esemplari venduti. Bmw fece rivivere il mito solo un anno dopo nel 2001, con un modello che riprendeva gli stilemi e il fascino dell’iconica utilitaria britannica, in una perfetta reinterpretazione in chiave moderna. Ed è stato di nuovo un successo, con nuove versioni come la crossover Countryman fino all’ultima nata, completamente elettrica.

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