Gran Paradiso, in vetta al primo Parco nazionale italiano

di Andrea Ravarini
Cordate risalgono la Schiena d'Asino sul ghiacciaio del Gran Paradiso
Cordate risalgono la Schiena d'Asino sul ghiacciaio del Gran Paradiso
Cordate risalgono la Schiena d'Asino sul ghiacciaio del Gran Paradiso
Cordate risalgono la Schiena d'Asino sul ghiacciaio del Gran Paradiso

La scorsa settimana abbiamo raggiunto il rifugio Vittorio Emanuele II, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Paradiso, dove spesso la sera gli stambecchi scendono ad abbeverarsi perfino nella fontana a pochi passi dall’edificio. Fatta colazione, si parte alla luce delle pile frontali per affrontare i 1.300 metri di dislivello che ci separano dalla vetta, sulle orme dei primi salitori, gli inglesi Cowell e Dundas che percorsero l’itinerario nel 1860 condotti dalle guide Payot e Tairraz. A seguito del notevole ritiro dei ghiacciai, sono state tracciate diverse varianti per raggiungere la «schiena d’asino», punto dove i percorsi si riuniscono: una più a est, che si porta sul ghiacciaio di Laveciau, una via ferrata in posizione centrale lungo la cresta sovrastante il ghiacciaio e quella che percorreremo oggi, la via normale per il ghiacciaio del Gran Paradiso, in parte spostata più a destra del percorso storico, come ben evidenziato da una fotografia appesa nella sala del rifugio. Inizialmente si traversa in direzione nord - nord est, prima in piano poi salendo su tracce (ometti) per immettersi a destra in un vallone sormontato dalla morena del ghiacciaio. Tra sfasciumi e qualche eventuale nevaio residuo si raggiunge il ghiacciaio e lo si risale con un paio di tratti ripidi sino alla Schiena d'asino, dove dal crepacciato Ghiacciaio di Laveciau arriva il percorso dal Rifugio Chabod. In breve ci si porta sul pianoro da cui emerge la Becca di Moncorvé; con una netta deviazione verso nord puntiamo in direzione della cima. Si supera la crepacciata terminale, attrezzata con scaletta in caso sia particolarmente aperta e si affronta così l’ultimo tratto: un esposto e spesso trafficato traverso roccioso (II grado) che ci porta al caratteristico torrione di rocce a strati orizzontali sormontato dalla statua della Madonnina. Per tutti questo è il punto di arrivo, anche se in realtà la vetta principale, più alta solo di qualche metro, è ben visibile poco più avanti lungo la dorsale in direzione nord-ovest. Chiamato affettuosamente «il Grampa» dagli alpinisti che già lo hanno salito, il toponimo in realtà ha probabilmente poco a che vedere con il Paradiso, ma deriva dal patois valdostano Granta Parei, che sta semplicemente a significare «grande parete». La discesa sullo stesso percorso di andata.

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