Sulla ferrata in vetta al Col Ombert. E la vista ringrazia

di Andrea Ravarini
Tutti felici dopo aver raggiunto la vetta del Col Ombert
Tutti felici dopo aver raggiunto la vetta del Col Ombert
Tutti felici dopo aver raggiunto la vetta del Col Ombert
Tutti felici dopo aver raggiunto la vetta del Col Ombert

In precedenza abbiamo raggiunto l'attacco della via ferrata Kaiserjager al Col Ombert, in Val di Fassa. Indossata l'attrezzatura, si entra in un breve camino, per superare poi la maggior difficoltà di tutta la via, una paretina verticale che termina con una pancia strapiombante. Da qui in poi il percorso diventa più arrampicabile, anche se la roccia, soprattutto nei canali e sui tratti di cresta risulta un po' friabile: dunque bisogna prestare attenzione a non smuovere sassi verso chi ci segue. Il percorso si porta alla base di alcune placche con pochi appigli, non banali per chi sceglie di affrontarle in arrampicata, ma superabili agevolmente servendosi del cavo in trazione e dei fittoni come appoggi. Superati un caratteristico traverso su cengia esposta e gli ultimi tratti più verticali, si conclude il tratto attrezzato. Seguendo le tracce tra rocce e sassi smossi, in breve si raggiunge la cima del Col Ombert. La vista spazia su alcuni dei più famosi gruppi dolomitici: Latemar, Catinaccio, Sassolungo, Sella e Marmolada. Poco distante verso sud, si sviluppa il meno conosciuto gruppo dei Monzoni, un'isola di roccia magmatica intrusiva (la monzonite, che proprio da qui prende il nome) nel mezzo delle Dolomiti. Per la discesa si segue la traccia che scende in direzione est sino a raggiungere il marcato sentiero che arriva dalla Val Contrin e conduce al «Pas Pasch». Svoltando verso destra il percorso consente di raggiungere il passo e con segnavia 609 si scende alla Baita delle Cascate. In alternativa, possiamo svoltare a sinistra, seguendo brevemente il sentiero fino a imboccare sulla sinistra un'evidente traccia che taglia nel ghiaione, perdendo un po' di quota per poi risalire al Rifugio Passo San Nicolò. Scesi dal passo sino alle cascate con il sentiero percorso in salita, attraversiamo il torrente per portarci dalla parte opposta della Val San Nicolò rispetto all'andata (sinistra orografica) dove seguiamo la stradina nel bosco. Durante la prima guerra mondiale, nell'accampamento realizzato in valle, oltre ai soldati provenienti dalle diverse zone dell'impero austro ungarico, arrivarono anche numerosi prigionieri russi, costretti a lavorare per il trasporto dei rifornimenti e per realizzare e mantenere strade e sentieri: proprio per questo motivo questo tratto di percorso, che termina dove abbiamo lasciato l'auto, ha preso il nome di «Strada dei Russi» o in Ladino «Strada di Rusci».

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