San Bonifacio

Dopo 61 anni chiude lo storico forno: «Il pane buono ha bisogno di tempo, sei tu che devi aspettarlo»

di Paola Dalli Cani
Wali Cantarle e Sergio Nardi
Wali Cantarle e Sergio Nardi
Wali Cantarle e Sergio Nardi
Wali Cantarle e Sergio Nardi

Il forno fondato da Luigi 61 anni fa oggi ha chiuso  il genero Sergio Nardi  con una doppia infornata ha accontentato i numerosi clienti. Il capostipite era quel Luigi Cantarle che nel 1961, dopo esser sopravvissuto alla Campagna di Russia e aver preparato e consegnato montagne di pane agli indios del Venezuela, ripartì ancora una volta, questa volta a Prova di San Bonifacio.

Oggi l’Antica forneria del borgo ha chiuso i battenti e per gustarsi ancora i 15 formati che Sergio inforna al sabato sono scattate prenotazioni di chili e chili di pane: è il modo con cui la comunità di Prova ha scelto di salutare Wali, la figlia di Luigi, e il marito Sergio che dal 1981 tenevano aperti forno e bottega.

Il capostipite Storia incredibile quella del montefortiano, classe 1920, che cominciò a lavorare con acqua e farina quando aveva solo 9 anni: fu solo la guerra ad allontanarlo dal forno di Avesa dove lavorava e quando tornò a casa, nel 1945 e dopo innumerevoli traversie che non raccontò mai, non ebbe dubbi sul fatto di volere un futuro nel nuovo mondo. A San Bonifacio, dove era nata e abitava, c’era la sua Rina ma per far famiglia bisognava prima far fortuna e lui pensò di cercarla in Venezuela. Partito da panettiere, e in subordine falegname, si adatta per un bel po’ a fare altro fino a quando conosce Gino, un ferrarese scappato alla vigilia della guerra. L’idea del forno piace, le autorità venezuelane acconsentono a patto che il forno apra all’interno del Paese, magari ai margini dello stato di Guanare edo Portuguesa per garantire approvvigionamenti alle importanti tribù degli indios. Di pane ne sfornano una montagna tanto da esser costretti a comprare un camioncino per far le consegne. Eccola la fortuna e sull’onda di quella nel 1954 arriva anche Rina, che Luigi un anno prima aveva sposato per procura. Wali, la primogenita che ha nel nome il dolce ricordo della romanza «La montagna», nasce nel 1955, due anni dopo vede la luce Gladis. Le privazioni patite in guerra presentano però il conto e Luigi si ammala di febbre tropicale, una febbre perenne che spinge i medici venezuelani a consigliargli il rientro in Italia per curarsi. Luigi ingoia così il suo «pane amaro» e torna a casa. Ci vuole tempo per ristabilirsi ma quando sente che «la» Elide di Prova vuole chiudere il forno al civico 35 della omonima via non ha dubbi: quello è il suo posto. È il 1961, la fortuna riparte dal misero chilo di pane venduto il primo giorno ma Luigi è fiducioso: il futuro è rosa, come il terzo fiocco appeso per la nascita di Maria Luisa, e per vent’anni vanno via così banane, mantovane e rosette sfornate a chili per gli operai. Aumenta la produzione ma pure gli acciacchi e Luigi si convince a cedere il testimone. Wali dice sì, lo fa anche suo marito Sergio che, sebbene tramviere, si presta a diventare l’allievo del suocero: Luigi gli passa «grammatica e pratica» fino a riconoscere al genero di averlo superato.

 

Luigi Cantarle e la moglie Rina con Wali Cantarle e la secondogenita Gladis Cantarle nate in Venezuela
Luigi Cantarle e la moglie Rina con Wali Cantarle e la secondogenita Gladis Cantarle nate in Venezuela

 

Passaggio di testimone Sergio si appassiona, fa la scuola di panificazione, corsi di specializzazione: arriva a produrre mediamente una dozzina di formati al giorno e quando ci sono le ricorrenze di scatena con i dolci. «Poco ma buono e venduto solo in negozio: il pane buono nasce se gli lasci il suo tempo, ad aspettare devi essere tu», dice Sergio che non a caso l’ultima sfornata la fa alle 11. In questi 41 anni nel suo regno, il forno, Sergio ci si è chiuso sei giorni su sette dall’una alle 14, mentre Wali ha provveduto alla bottega, agli ordini ma soprattutto ai clienti: «Quello che mi fa più soffrire è il distacco dai miei clienti, il fatto di privare soprattutto i più anziani di un punto di riferimento», confida.

L’appello Tra queste corsie far la spesa è stato per tanti e sempre di più il corredo alla chiacchiera, la ragione per tenersi in ordine e uscire di casa, spesso anche per chiedere e trovare aiuto. Sergio avrebbe preferito semplicemente non riaprire il 2 gennaio prossimo, «mi dispiace da matti non poter informare le mie stelle di Natale a lievitazione naturale», confessa. Chissà, magari anche grazie a questo racconto arriverà qualcuno pronto a mettersi alla prova come fece lui omaggiando la memoria di Luigi e dimostrando che questo mestiere antico...è il suo pane..

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