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Sbatùi o di malga? Gnocchi della Lessinia, la ricetta che mette tutti d'accordo

di Lorenza Costantino
Gli gnocchi della Lessinia
Gli gnocchi della Lessinia
Gli gnocchi della Lessinia
Gli gnocchi della Lessinia

Semplice, nutriente, gustoso. Molti amanti della Lessinia saranno d’accordo: il suggello di una giornata trascorsa all’aria aperta sull’altopiano veronese è un piatto fumante di gnocchi di malga. O «gnochi sbatùi»? O gnocchi di montagna? O gnocchi di farina? Bando alla confusione. Ora il celebre piatto povero, frutto della tradizione culinaria della nostra montagna, ha un nome ufficiale e soprattutto univoco, che fa anche da marchio territoriale: «Gnocchi della Lessinia».
Così si trova scritto nell’ «Elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali», aggiornato con il decreto ministeriale del 25 febbraio 2022. In questo registro delle prelibatezze italiane, tenuto dal ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, la Regione del Veneto conta 387 specialità, rappresentative delle sue sette province. E per l’anno 2022 sono entrati a farne parte, appunto, gli Gnocchi della Lessinia. E anche il Pero Misso, presidio Slow Food.

 

Marcella Marconi
Marcella Marconi


Il lavoro A farsi promotrice dell’inserimento in lista degli gnocchi della Lessinia è stata la Pro loco di Sant’Anna d’Alfaedo. La presidente, Marcella Marconi, spiega: «Il percorso per il riconoscimento è durato quasi due anni. Abbiamo coinvolto i ristoratori, affinché proponessero la pietanza nel loro menù, i cuochi nelle sagre del paese che hanno dato il meglio di sé al Palio degli gnocchi al Forte Tesoro». «Tutti», continua, «si sono impegnati dare un’identità riconosciuta a livello nazionale a questo piatto tipico, un cibo che tanto ha da raccontare del territorio, a cominciare dalla vita in malga». Farina di grano tenero e acqua; un impasto essenziale per preparare gli gnocchi, da condire con burro fuso e formaggio grattugiato. Ecco la ricetta che i malgari si erano inventati, con i pochi ingredienti di facile reperimento nella stagione dell’alpeggio, da maggio e settembre, quando si trovavano isolati in alta montagna insieme al loro bestiame. Si parla della vecchia Lessinia, legata alla transumanza. La fucina dei deliziosi gnocchi era, nelle malghe, «il logo del fogo»: il locale della baita dove si trovava il camino con il fuoco sempre acceso per la cottura del latte e la preparazione dei prodotti caseari. «Abbiamo condotto una ricerca bibliografica sull’origine del piatto», specifica Marcella Marconi. Indispensabile il libro «Alti pascoli della Lessinia» (1991) con contributi storici a firma di Paola Lanaro Sartori, Attilio Benetti e altri studiosi degli usi e costumi locali. E il pero misso? «È Presidio Slow Food, conosciuto al di fuori della Lessinia. La registrazione è stata più semplice perché c’è già ampia letteratura, oltre a una bella tesi di laurea», spiega Marconi.

La storia Il sindaco di Sant’Anna, Raffaello Campostrini, commenta: «Gli gnocchi della Lessinia, piatto povero cui i nostri antenati forse non avrebbero gradito dare risalto, in quanto simbolo della loro condizione disagiata, ora si riscattano come eccellenza culinaria, patrimonio nazionale. Ci congratuliamo con la Pro loco e con tutti coloro che hanno contribuito a salvare il piatto dall’oblio. A noi tutti il compito di tramandare il nostro immenso patrimonio immateriale». Il risultato è «base per il rilancio turistico della Lessinia dopo la pandemia Covid», si rallegra Giuliano Menegazzi, presidente del Parco della Lessinia. «I complimenti vanno a Marcella Marconi, che da anni lavora per l’obiettivo». Menegazzi aggiunge: «Sugli gnocchi, la ricerca storica è risultata difficile, ma ha riservato soddisfazioni. Basti pensare al video degli anni ‘70 della famiglia Segala di Erbezzo, che aveva recuperato l’antica ricetta dei malgari.

 

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Il paniere Si va ad arricchire il paniere dei prodotti lessinici riconosciuti. Pensiamo al formaggio Monte Veronese Dop, o alla pecora Brogna, anch’essa presidio Slow Food». «L’Ente Parco», annuncia, «diventerà protagonista per la valorizzazione del territorio quando sarà operativo nei suoi strumenti gestionali e nel subentro alla proprietà del Marchio, oggi in capo alla Comunità Montana della Lessinia, attualmente in liquidazione».
Silvia Marcazzan, consigliere con delega al Marchio del Parco della Lessinia, commenta: «La tutela dei prodotti tipici è una nostra finalità. Questo risultato ci rende orgogliosi e ancor più impegnati nella promozione». E Marcella Marconi conclude: «La soddisfazione più grande è che, grazie al nome ufficiale gnocchi della Lessinia, si dà la possibilità alla montagna veronese di promuoversi in tutta Italia. Il passo successivo potrebbe essere il percorso di certificazione europea Stg… Non si sa mai». 

 

LA RICETTA

Gli ingredienti sono pochissimi e comuni, la ricetta è molto semplice. Ma serve ugualmente maestria per cucinare un piatto di gnocchi della Lessinia come si deve. Cioè, «come facevano i nostri veci», esclama Daniele Marconi, vincitore dell’ultimo Palio degli gnocchi di Sant’Anna d’Alfaedo, a capo della sua squadra, gli «Sbatùi da Giare».
Marconi, 39 anni, allevatore locale di mucche, produttore di latte biologico, membro della Coldiretti e grande appassionato di cucina nostrana, ha imparato a preparare gli gnocchi della Lessinia «da mio papà, che a sua volta aveva imparato da mio nonno, che aveva imparato dai suoi avi… e così via».
«Il metodo è quello tradizionale, utilizzato per secoli dai nostri malgari». E quindi: «Si miscela la farina di grano tenero con l’acqua calda; si mescola vigorosamente, quasi a sbattere l’impasto: da qui la dicitura dialettale di “gnochi sbatùi”», spiega Daniele Marconi.
Indicativamente, per quattro persone, servono 500 grammi di farina e altrettanti di acqua a 70 gradi, per ottenere una pastella densa, non troppo liquida, da suddividere «a gnocchi» con un cucchiaio.
«L’impasto così ottenuto va bollito in abbondante acqua molto salata. Mano a mano che gli gnocchi sono cotti, salgono a galla e vanno immediatamente scolati».
«Ma la parte davvero importante, che fa la differenza nella riuscita del piatto», avverte Marconi, «è il condimento. Gli gnocchi vanno insaporiti con una buona dose di burro fuso, il burro gustoso delle nostre mucche che d’estate ancora escono a brucare nei pascoli, e con una generosa spolverata di formaggio grattugiato».
«Un tempo si usava solo il Monte Veronese invecchiato», precisa Marconi, «oggi per comodità si integra con il Grana».
Il burro. Qui è questione di attimi, spiega Marconi: «Non solo gli occhi, ma il naso e le orecchie indicano al cuoco l’esatta cottura del burro sciolto il padella: un secondo di troppo, ed è già bruciato. Quando si versano gli gnocchi appena scolati dentro al burro fuso, “ecco che el canta”, come diciamo noi; cioè sfrigola, frigge. E subito si sprigiona un gran profumo, da acquolina in bocca. Gli gnocchi sono pronti».
Un segreto? «Io utilizzo i vecchi paioli di rame. Mi sembra che contribuiscano alla buona riuscita del piatto», confida Marconi, che viene spesso “bersagliato” dalle richieste di parenti, amici, compaesani e colleghi.
«Cucino volentieri gli gnocchi per chiunque me li chieda», dice lui, e ovviamente i primi «beneficiari» della sua passione culinaria sono sua moglie Sara e i loro due bambini, «ai quali mi impegno a tramandare la ricetta, appena avranno l’età giusta».
«Gli gnocchi della Lessinia sono un piatto caratteristico, che rappresenta noi, gente della montagna veronese. Il riconoscimento a livello nazionale ci deve rendere orgogliosi, ma anche consapevoli della nostra responsabilità di custodire questo importante patrimonio della nostra tradizione», conclude. 

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