Acqua, basta con le deroghe per il mercato

di Christiana Soccini

Egregio direttore, nella relazione tecnica del Piano regionale di Tutela e Uso delle Acque si afferma che «il miglioramento della qualità delle acque risulta essere l’obiettivo prioritario per innescare un processo di riqualificazione in grado di considerare gli altri aspetti chiave». L’obiettivo, quindi, è il conseguimento di un’accettabile qualità delle acque lungo l’intera asta. La funzione dei corsi d’acqua e la sorte della loro biodiversità e salubrità sono soggette alla persistenza di un sistema produttivo finalizzato a soddisfare sogni consumistici più che esigenze di sussistenza. L’azzeramento delle scorte idriche in quota e il cambiamento climatico dovrebbero illuminare tutti sull’insostenibilità delle monocolture a fini zootecnici: piantagioni che hanno influito anche sulla qualità e sulla quantità delle acque superficiali e di falda e sull’aumento della polverosità in atmosfera. Nella situazione politica attuale, che influenza il mercato delle foraggere, i governi tendono a salvaguardare il mercato, proponendo interventi infrastrutturali dai costi socio-ambientali ingenti ma destinati a sortire, forse, effetti positivi di brevissimo respiro per un sistema agricolo idrovoro. Non saranno, infatti, diversi sistemi di irrigazione, varietà di grano (turco) OGM, invasi in quota, vasche di laminazione a valle o ulteriori deviazioni di acque lacustri a rendere sostenibile ciò che de facto è inconciliabile con gli equilibri ecosistemici e con la prospettiva climatica. In nome di una crisi alimentare, che in realtà non concerne le produzioni locali, assistiamo a politiche che consentono la riduzione delle aree a riposo (set-aside) o incolte (prati stabili) in favore dell’aumento delle colture cerealicole per allevamento, inducendo paradossalmente un ulteriore aumento della richiesta di acqua dolce. Per la salvaguardia della cultura del foraggio, emblema del fast food style, si impegnano miliardi di risorse pubbliche, diversamente utilizzabili, e assistiamo all’emanazione di deroghe sul deflusso minimo vitale di fiumi già compromessi anche da decennali sversamenti che, soprattutto localmente, ne caratterizzano tutt’ora i sedimenti, segnando il destino delle già scarse componenti biotiche. Eppure, dal 1° gennaio 2022 è entrata in vigore la normativa europea sul deflusso ecologico, che prevede un incremento della costante portata d’acqua nei fiumi e un minor prelievo irriguo, idroelettrico, civile e turistico. Gli Stati membri devono quindi provvedere a effettuare un’analisi delle caratteristiche di ogni distretto idrografico, esaminare l'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee, svolgere un'analisi economica dell'utilizzo idrico. Nel 2027 si dovranno raggiungere gli obiettivi della Direttiva Acque, recepita con il Dlgs 152/2006, alla quale però l’Italia continua a derogare in nome del mercato. Christiana Soccini Tavolo Basta Veleni

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