brescia insolita

Byron, Hobhouse, Polidori e le memorie di quel viaggio storico fra Brescia e il lago di Garda

di Marco Tiraboschi
Un pezzo di storia poco conosciuto, datato 1816, che vide il genio della letteratura nei territori della nostra provincia e del Veronese
Un'antica stampa che rappresenta villa Diodati sul lago di Ginevra
Un'antica stampa che rappresenta villa Diodati sul lago di Ginevra
Un'antica stampa che rappresenta villa Diodati sul lago di Ginevra
Un'antica stampa che rappresenta villa Diodati sul lago di Ginevra

«...Ieri ero sulle rive del Benaco, con il suo fluctibus et fremitu. La Sirmio di Catullo ha ancora lo stesso nome ed è nello stesso posto, ed è ricordata proprio per lui; ma le fortissime piogge autunnali e le nebbie ci hanno impedito di lasciare la nostra rotta...». Sono parole scritte dal tenebroso e romantico poeta inglese George Gordon Byron. Una lettera scritta da Verona che, indirizzata a un amico, racconta del 5 novembre 1816 quando lui e il compagno di viaggio, futuro ministro del Regno Unito, John Cam Hobhouse passano dal lago di Garda. Pochi conoscono questo pezzetto di storia che riguarda un genio della letteratura e che tocca anche la provincia di Brescia.

Byron, praticamente in esilio dopo il divorzio dalla moglie, parte dall’Inghilterra in compagnia dell’amico e del segretario/chirurgo John William Polidori, giovane che sarà portato alla rovina proprio dall’incontro con il poeta. Il 1816 è ricordato come «l’anno senza estate» a causa del terribile maltempo che l’ha caratterizzato, un lungo e oscuro periodo d’ombra.

Nel mese di giugno Byron, arrivato in Svizzera, prende in affitto villa Diodati sul lago di Ginevra, con lui, tra gli altri, anche i coniugi Percy Bysshe e Mary Shelley. Chiuso in casa a causa delle forti piogge, il gruppo passa le giornate tra promiscuità sessuale e fumi d’oppio. Evidentemente la letteratura e il bel paesaggio non bastano a questi giovani sregolati. Qualcuno trova per caso in biblioteca la raccolta di racconti fantastici tedeschi «Fantasmagoriana», che vengono letti ad alta voce.

Viene lanciata l’idea di scrivere ognuno una storia che parli di un argomento soprannaturale. Bene, da queste ore passate assieme nascono gli abbozzi di almeno due capolavori: il celebre «Frankenstein o il moderno Prometeo» di una diciottenne Mary Shelley, e «Il vampiro», racconto lungo semi-autobiografico dello sfortunato ventunenne Polidori. Quest’ultimo, nel testo, intuisce una nuova concezione «moderna» di vampiro che ispirerà gran parte della letteratura fantastica a venire, segnando l’immaginario collettivo.

Tra Dorian Gray e Dracula, passando per Anne Rice e, al cinema, Bela Lugosi o Christopher Lee, fino ai tristi epigoni teen-vampiri «che brillano alla luce del sole» di Twilight. Dopo l’estate passata sul lago, Byron riprende il lungo viaggio verso l’Italia in compagnia di Hobhouse licenziando Polidori. Destinato a una fine tragica, il giovane proseguirà anch’egli, in solitudine, per l’Italia. «Il vampiro» sarà pubblicato a sua insaputa ed erroneamente attribuito a Byron. Morirà suicida e in stato di indigenza pochi anni dopo.

Byron e l’amico arrivati a Milano proseguono poi per Brescia, dalle lettere, diari e memoriali rimangono piccole, meravigliose, descrizioni del viaggio: il passaggio sul fiume Oglio, la visione delle Alpi Retiche in lontananza, il passaggio dalla piccola cittadina di Coccaglio e una descrizione retrospettiva di Brescia. È il 4 Novembre: «..Le fortificazioni decadute, le strette strade sormontate da arcate, e le alte torri merlate, danno un’aria di antichità a questa città; ma la folla ben vestita, gli allegri osti e il nuovo teatro, uno dei più magnifici di tutta Europa, comunicano la prosperità di una popolazione abbondante.». Le descrizioni sono dettagliate ma non mancano critiche sull’«infelice idea di trasformare le rovine del tempio per accogliere un museo», parlando del Capitolium.

I viaggiatori il giorno successivo si dirigono verso il Garda dove, alloggiati al vecchio Mayer Hotel di Desenzano, passano una notte insonne ascoltando il ruggito del lago agitato sotto una pioggia battente. Il giorno successivo non riescono a visitare le Grotte, le rovine della villa di Catullo, la pioggia e la nebbia sono inclementi e rendono la navigazione pericolosa. Ne approfittano per fantasticare, non senza umorismo, sulle antichità classiche e sul proprio viaggio. Raccolgono alcune storie popolari narrate per strada da un «improvvisatore» ribelle che viene arrestato davanti ai loro occhi e carpiscono a un pescatore la leggenda di un’antica città sommersa in fondo al lago, forse a causa di un terremoto. Il giorno successivo lasciano il Garda per dirigersi verso Verona, ma questa è un’altra storia.

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