Egregio direttore, nessuno tocchi Caino: con fatica lo imparai nonostante un tempo mi abbiano tormentato lo sdegno e l’ira. Ed agli occhi dei più, non solo ai miei, il nome di Caino potrebbe essere quello degli accaniti ed esagitati no-vax: certo non quelli che per quieto timore o ignorante convinzione, rifiutano il vaccino e quietamente accettano le conseguenti restrizioni sanitarie e l’isolamento sociale. Dio li perdoni, non sanno quello che fanno. No, Caino potrebbe essere l’anonimo che minacciò l’immunologa Antonella Viola e la sua famiglia: «Questo proiettile potrebbe esser per te: non ti uccideremo, ma sappi che sparato nella pancia o nelle gambe fa molto male». Ed anche chi bellicosamente rivolto a Lucia Tanti, vice sindaco di Arezzo, la qualifica «Criminale nazista, i vaccini uccidono» e con sarcasmo allude e si firma ViVi. Ed ancora: Caino è l’anonimo coraggioso e codardo che spedisce una lettera minacciosa al ministro Patuanelli, unendo una misteriosa polvere «A te riservata». Altre minacce sono giunte a Zaia, a Bonacini, ovviamente a Draghi, mentre a Cremona c’è stato chi ha brindato augurando morte ai vaccinati. Quindi non desidero e non auguro a questi novelli Caino la morte e neppure di dover affrontare le angoscianti pene della malattia in terapia intensiva, neppure se ciò servisse a rinsavirli. Ma prendo nota dell’obbligo vaccinale solo gli over cinquanta varato dal Governo con sanzioni che a me paiono irrisorie od inefficaci. Perché tra gli ultracinquantenni no-vax chi è pensionato o con reddito di cittadinanza, dovrà pagare solo 100 euro: importo sostenibile anche da chi non produce ricchezze e si limita a consumare le proprie o quelle dell’Inps o dell’Inail. Ben più significative sono per gli altri lavoratori ultracinquantenni non vaccinati e per chi li vuol mantenere alle proprie dipendenze: cioè con lo spauracchio della multa e della sospensione dello stipendio, sono indotti a vaccinarsi soprattutto coloro che si sostentano da sé, chi paga il loro stipendio e con loro concorre all’incremento del Pil. Rammento poi che nei primi studi di sociologia si ipotizzava che le epidemie e ancor più le pandemie concretizzassero la naturale selezione della specie: restano i migliori, i più forti, i più preparati, chi guarda oltre e progetta il domani per sé e per i propri figli. Ma ricordo allora Andreotti: «A pensar male si fa peccato, ma spesso la si azzecca». E provo timore nell’accostare questo perfido pensiero alle blande sanzioni del Governo: è questo l’unico modo efficace di «toccare Caino»? Lasciare che si punisca da sé? Ma, ahimè, ahinoi, dopo avere inutilmente rubato il riposo, il sonno, la quiete al dottor Abele e all’infermiera Eva, che comunque lo soccorsero in malattia? Paolo Angelo Napoli Bovezzo