BRESCIA INSOLITA

Nel Buco del Frate le tracce dei primi abitanti del territorio

di Marco Tiraboschi
Scavi all'interno della grotta
Scavi all'interno della grotta
Scavi all'interno della grotta
Scavi all'interno della grotta

Fra storia e leggenda, fra verità e finzione, alcuni luoghi segnano la storia locale e la memoria collettiva quasi per caso. Magari tutto inizia con qualche amico che si ritrova al bar e che ciondolando tra un bianchino e una birretta se ne esce con l’idea di esplorare una grotta. La grotta in questione è il «Buco del Frate», nella zona di Prevalle, sul monte Budellone. La spelonca è già nota soprattutto per il nome che, nel folklore, la vuole legata anticamente a un gruppo di briganti che avevano la scellerata abitudine di attaccare i viandanti travestendosi da frati. Questo gli permetteva di coglierli impreparati, depredarli e successivamente rifugiarsi nell’ampia grotta.

Le leggende legate al Buco del Frate non finiscono qui, già nel 1856, don Antonio Tenchini, nella sua raccolta di leggende bresciane riporta: «…abitata da streghe, orchi, folletti e il terrificante "bào" che si credevano infesti ai prodotti della terra, ora sotto forma di una grossa biscia che con il solo sguardo affascinava gli armenti e vi succhiava il latte, ora di un caprone che devastava i vigneti, ora di una pallida fiammella vagolante e che non si lasciava mai accostare ma che incendiava le biade, le eriche delle brughiere e i germogli dei boschi…». Nel 1954 il neonato Gruppo Grotte di Gavardo avvia la prima sistematica esplorazione che porta risultati straordinari: sono rinvenuti innumerevoli resti di animali vissuti durante il pleistocene. Ossa appartenenti all’orso delle caverne sono affiancate a quelle di cervo, lupo e altri mammiferi. Inoltre la grotta è dotata di uno speciale microclima che ospita interessanti specie di pipistrelli e coleotteri.

La risonanza della scoperta dà l’avvio all’esplorazione delle grotte bresciane, e anni dopo, nel 1961 verrà girato il film documentario «L’orso delle caverne» del regista Angio Zane. Ma le sorprese non finiscono, in tempi recenti l’archeologo Ausilio Priuli rileva nella spelonca segni di presenza umana in epoche remote, incisioni per graffi ripetuti e probabili simboli vulvari potrebbero, in successive più approfondite indagini, riportare ai primi abitanti del territorio bresciano, nel paleolitico superiore, e in parte spiegare la tradizione folklorica legata al luogo. Oggi il Buco del Frate è classificato come «monumento naturale» per il suo pregio naturalistico e scientifico, ma si trova costantemente sotto minaccia. Il brillamento delle mine e il passaggio dei camion delle cave di marmo mettono a rischio il fragile equilibrio di un luogo che racchiude tesori preziosi.

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