INTERVISTA COLLANA “Colibrì”

Pier Luigi Vercesi. Usa ed Inghilterra I romanzi storici sono i più letti

Pier Luigi Vercesi romanzi storici
Pier Luigi Vercesi romanzi storici
Pier Luigi Vercesi romanzi storici
Pier Luigi Vercesi romanzi storici

Pier Luigi Vercesi, 60 anni, inviato del Corriere della sera, ha scritto tra gli “La notte in cui Mussolini perse la testa“, “Il naso di Dante“ “Fiume l’avventura che cambiò l’Italia”, appassionato di letteratura cura per la Neri Pozza la collana “Colibrì” e “Tempo storico“.

Come sceglie i libri da pubblicare e quali caratteristiche devono avere?

Devono essere libri che fanno appassionare, che ti calano e ti fanno rivivere in prima persona certi momenti del passato. Senza usare troppe parole astratte faccio un esempio: il mio modello oggi è Erick Larson, lo storico e scrittore americano autore di molti volumi pubblicati proprio da Neri Pozza nella collana Bloom. Tutto scorre come in un romanzo, ma non c’è un episodio inventato o addomesticato. A mio avviso, il suo ultimo “Splendore e viltà” sulla battaglia d’Inghilterra, è quasi inarrivabile. Purtroppo, al contrario del mondo anglosassone, per troppo tempo in Italia i libri di storia sono stati valutati per quante note avevano a piè di pagina e non per la ricchezza di particolari e il piacere della lettura che fornivano al lettore. Cerco libri con un’anima, per usare uno slogan, come il bellissimo Lady Montagu e il dragomanno di Maria Teresa Giaveri con il quale abbiamo inaugurato la collana: riesce ad affascinare trattando un tema apparentemente ostico come la nascita dei vaccini.

E ancora?

Libri con una chiave di interpretazione nuova, come la “Storia spregiudicata di Venezia”, dove il discendente di un aristocratico della Serenissima, Pieralvise Zorzi, cerca di dimostrare che la sua città non è mai stata uno Stato, ma è sopravvissuta mille anni comportandosi come una società per azioni.

Per Neri Pozza hai scritto quattro libri, tutti di storia partendo da Fiume: è iniziata da qui la tua collaborazione?

In pratica sì, la casa editrice mi ha concesso di scrivere libri come avrei voluto leggerli. In teoria no, perché da anni seguivo attentamente la politica editoriale di Neri Pozza giudicandola, da giornalista culturale, la migliore novità da molti decenni sul mercato editoriale. Difficilmente sbagliava un libro e se comperavi “un Neri Pozza” sapevi cosa portavi a casa senza dover leggere la quarta di copertina. Una cosa simile in Italia era riuscita solo ad Adelphi.

Neri Pozza compie 75 anni: quanto e come è cambiata la casa editrice da quando l’hai conosciuta?

Nei primi decenni era una casa editrice che, pur nelle piccole dimensioni, pubblicava libri che facevano la storia della cultura italiana. Poi, ha avuto qualche anno di oscuramento. Pochi avrebbero scommesso su questo marchio. L’arrivo di Giuseppe Russo alla direzione editoriale ha smentito tutti, trasformandolo di nuovo in evento editoriale. Non è facile trovare altri esempi di una simile rifioritura.

Quanto spazio hanno nella nostra produzione i libri storici?

Poco in Italia, mentre all’estero, soprattutto negli Usa ma anche in Gran Bretagna e in Francia vivono una stagione meravigliosa. E pensare che il miglior romanzo storico del secolo scorso l’ha scritto un italiano, “Il nome della rosa” di Umberto Eco, così come uno dei migliori dell’Ottocento l’ha scritto Alessandro Manzoni. E non vado oltre perché dovrei citare Dante.

C.R.

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