L'APPELLO DI DON FABIO

«Giovani,
ora tocca
a voi»

«Fare esperienza di volontariato in Africa non è come fare l'Erasmus. Ma a volte si confondono le cose. Servono progetto e formazione»
Don Fabio Corazzina
Don Fabio Corazzina
Don Fabio Corazzina
Don Fabio Corazzina

Si fa presto a dire volontariato. Dietro il fenomeno ci sono processi sociali ed etici complessi che risentono delle fragilità del mondo contemporaneo, come i conflitti generazionali. Lo sostiene don Fabio Corazzina, già coordinatore nazionale di Pax Christi e dal 2009 parroco di Santa Maria in Silva in città. «Sullo sfondo ci sono temi cruciali come la cittadinanza e la gratuità - osserva don Corazzina -. Un volontariato che non “legge“ il territorio è “pericoloso“, perchè prova a dare risposte a situazioni che non conosce. Un volontariato che non vive la dimensione della gratuità e del dono, che è la dimensione della restituzione, è fondamentalmente un volontariato egoistico. Il terzo percorso è il rapporto tra le esperienze di volontariato e le scelte della vita. Se io faccio scelte di vita sbagliate e violente, e poi mi dedico al volontariato quasi per recuperare il mio senso sociale, divento “pericoloso“». Ma c’è anche un altro aspetto che merita attenzione, secondo don Corazzina: «Le forme di volontariato tradizionale stanno invecchiando, e la dimensione giovanile fa fatica a integrarsi in questo mondo, tanto che trova spazi alternativi, interessanti ma non nel solco delle attività tradizionali. I giovani si fanno coinvolgere in esperienze legate a temi importanti come la lotta alla criminalità, la legalità, la territorialità, l’ambiente. Si ritrovano in uno spazio in cui imparano a rapportarsi con il mondo adulto e con le istituzioni. Questo tipo di volontariato aiuta a sentirsi cittadini del mondo. Ma fare esperienza di volontariato in Africa non è come fare l’Erasmus, l’Interrail non è fare volontariato: a volte si confondono le cose. Bisogna aiutare i giovani a vivere determinate esperienze e fornire loro gli strumenti per “leggerle“. Coscienti del fatto che questo è l’elemento decisivo, e anche più fragile, del volontariato, che ha invece bisogno di continuità, formazione e progetti».

DEDICARSI al prossimo per don Corazzina «non può essere una decisione estemporanea, ma una scelta di vita, perché è con le scelte che si cambia il mondo. Non possiamo dire che il mondo del volontariato è ricco perchè organizziamo gli spiedi per l’Africa o i burraco per i bambini della Siria. Il volontariato deve avere un progetto di città, di comunità, deve abitarla». Secondo il sacerdote non è difficile capire dove agire: «Quando si parla di volontariato solidale, con situazioni di disagio e povertà, ci sono fenomeni abbastanza evidenti. Innanzi tutto la crescita esponenziale di anziani in difficoltà, destinata ad aumentare ancora nei prossimi decenni. Poi il tema della solitudine e l’incapacità e l’impossibilità di dare risposte ai bisogni e alla cura delle famiglie. Volontariato vuol dire anche buon vicinato. Questa rete solidale invece è un po’ cambiata. Spesso lavoriamo per gli orfani dell’Ucraina ma non sappiamo nemmeno come si chiama il nostro vicino di casa. Il volontariato deve affrontare questa rete di solitudine abbastanza delicata e sempre più in crescita». Forse su questo bisogna fare qualche attenzione. «Paolo VI ha detto che il più grande atto di carità è l’impegno sociale. Noi invece pensiamo che sia distribuire cibo a quelli che non mangiano. Il primo è volontariato assistenziale, che serve e che bisogna fare, il secondo è volontariato sociale e politico, che guarda al progetto di città con un occhio capace di leggerla perchè la abita. Purtroppo, c’è una tendenza a ignorare il volontariato che propone un cambiamento e tutto ciò che non è funzionale al sistema va tacitato o messo a lato. Su questo si dovrebbe riflettere bene».

Suggerimenti