Acque Bresciane sfonda «quota» 530 mila utenti

di Cinzia Reboni

Aspettando che il ciclo idrico della provincia sia affidato ad una società mista o a un’azienda speciale totalmente pubblica, la galassia di Acque Bresciane è in rapida espansione. Nell’orbita dell’aspirante gestore unico dei servizi idrici entrano infatti altri cinque Comuni dislocati in Valcamonica, Franciacorta e Bassa: alcuni paesi hanno ceduto l’intero ciclo acque-fognature-depurazione, altri solo dei segmenti. Il traguardo del bacino ottimale fissato dalla società nata dalla fusione di Aob2, Garda Uno e Sirmione Servizi dunque è più vicino. Dal primo gennaio Acque Bresciane si occuperà del servizio idrico integrato in 92 Comuni nella provincia. Con gli ultimi innesti, salgono a 251 i rami sotto l’egida della newco. Si tratta degli acquedotti di 80 paesi, delle fognature di 84 e della depurazione di 87. Nella nuova geografia figura Capriolo, che dopo la rete fognaria e la depurazione ha ceduto ad Acque Bresciane anche l’acquedotto. Stessa situazione a Padenghe, mentre Rezzato e Remedello hanno passato di mano l’acquedotto, ma continueranno ad affidarsi ad A2A ciclo idrico per quanto riguarda il resto dei servizi. Emblematico il passo di Lozio, che ha ceduto l’intero pacchetto di servizi fino ad ora gestiti direttamente. NEGLI ALTRI 4 CASI le società Ireti del gruppo Iren trasferiscono il ramo idrico ad Acque Bresciane anticipando le scadenze, fissate nel 2019 per Padenghe, nel 2021 per Capriolo e Rezzato e nel 2027 a Remedello. Il bacino di utenza degli abitanti serviti dal gestore sfonda quota 531 mila. Secondo l’agenda fissata in base alle normative, entro il prossimo anno dovranno passare sotto l’egida di Acque Bresciane anche Acquafredda, Alfianello, Bagnolo, Bassano, Bedizzole, Fiesse, Lavenone, Manerbio, Milzano, Offlaga, Pralboino, San Gervasio, San Zeno e Visano. Il piano di Acque Bresciane, che prevede entro il 2032 la copertura dell’intera provincia, prosegue insomma aspettando il bivio cruciale, ovvero la decisione dei sindaci che dovranno decidere se proseguire il processo di apertura ai privati della società varando il bando di selezione di un partner, o imboccare la strada del pubblico tout court. Sulla svolta pesa il risultato del referendum sull’acqua di novembre, che ha visto sostanzialmente oltre 200 mila cittadini bocciare la soluzione di un gestore misto. Al netto di questa partita ancora incerta, il rafforzamento sul territorio di Acque Bresciane esalta in prospettiva l’incisività del piano di investimenti per allineare i depuratori e gli acquedotti alle norme dell’Ue. Entro l’anno prossimo si chiuderà il programma quadriennale avviato nel 2016, finanziato con un budget di 58 milioni. Tra i 16 progetti portati a termine o in fase di completamento, spiccano l’ampliamento del depuratore di Paratico (8 milioni), il potenziamento dei collettori di Palazzolo di Flero che hanno assorbito rispettivamente 2,8 e 1,4 milioni di euro. Settanta milioni di euro è il fatturato di Acque Bresciane, che lo scorso anno ha reinvestito il 6,7% del valore aggiunto netto generato, restituendo il 93,3% al territorio. Ma proprio l’apparente solidità della società è uno degli argomenti usati dal fronte contrario alla gestione, che si chiede polemicamente: «Se Acque Bresciane è un modello, perchè dovrebbe avere bisogno di un partner privato?».

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