«Caporalato», un arresto e tre espulsioni

Uno scorcio del laboratorio tessile sequestrato a CalcinatoL’apposizione dei sigilli da parte dei carabinieri
Uno scorcio del laboratorio tessile sequestrato a CalcinatoL’apposizione dei sigilli da parte dei carabinieri
Uno scorcio del laboratorio tessile sequestrato a CalcinatoL’apposizione dei sigilli da parte dei carabinieri
Uno scorcio del laboratorio tessile sequestrato a CalcinatoL’apposizione dei sigilli da parte dei carabinieri

A volte il sinonimo di lavoro è ancora schiavitù; e non è necessario frequentare il Sud del mondo, le città fabbrica e i distretti industriali ad alto tasso di inquinamento e mortalità, per verificarlo. Continua a succedere anche alle nostre latitudini, grazie a un caporalato diffuso che opera dai campi di pomodori della Campania ai laboratori tessili più o meno clandestini della Lombardia. È PROPRIO per contrastare questo fenomeno che, nell’ambito di un servizio specifico deciso e attuato a livello nazionale, il Nucleo carabinieri Ispettorato del lavoro di Brescia ha attuato, col supporto della Compagnia carabinieri di Desenzano, un blitz in una fabbrica fantasma di Calcinato arrestando una donna di nazionalità cinese proprio per la sua attività di «caporale». Nel mirino dell’Arma un laboratorio tessile nel quale tra le altre persone lavoravano totalmente in nero cinque persone, tutte cinesi, tre delle quali immigrate clandestinamente in Italia. La donna arrestata è accusata non solo di averle sfruttate, ma anche di aver favorito la loro permanenza illegale nel nostro Paese. Nell’officina passata al setaccio non c’era però solo un problema di clandestinità e di lavoro non dichiarato e non assicurato. Esisteva anche un serio problema di sicurezza di un lavoro già appunto sfruttato. IN EFFETTI, al termine del lungo controllo, i militari del Nil hanno messo sotto sequestro l’intera mini fabbrica con le 31 postazioni di lavoro esistenti perché l’intero ambiente aveva caratteristiche molto lontane da quelle definite dal Testo unico di sicurezza a proposito della prevenzione degli infortuni. Ovviamente l’attività imprenditoriale è stata sospesa, e i tre lavoratori di origine orientale risultati clandestini sono stati accompagnati in Questura per l’avvio delle pratiche di espulsione. ARRESTO a parte, l’imprenditrice di Calcinato allergica alle leggi su previdenza e sicurezza ne è uscita male anche dal punto di vista finanziario; perché ha rimediato anche sanzioni complessive per 50 mila euro. Nell’ambito della stessa operazione, i carabinieri del Nil e della Compagnia gardesana hanno verificato la situazione esistente anche in altre due mini fabbriche tessili sempre in capo a una gestione cinese: una collocata nella stessa Calcinato e l’altra funzionante sul territorio comunale di Bedizzole. I risultati non sono mancati anche in questi ultimi due casi, dato che entrambi i titolari sono stati a loro volta denunciati per la violazione delle leggi in materia di sicurezza sul lavoro. A loro carico i militari hanno elevato altre sanzioni per circa 10 mila euro complessivi. •

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