Celti e Romani, l’integrazione ante litteram

di R.C.
L’ara celtico romana ritrovata nell’area della pieve di Orzivecchi
L’ara celtico romana ritrovata nell’area della pieve di Orzivecchi
L’ara celtico romana ritrovata nell’area della pieve di Orzivecchi
L’ara celtico romana ritrovata nell’area della pieve di Orzivecchi

È un «racconto di pietra» sempre più ricco della pianura bresciana al tempo dell’integrazione tra Celti e Romani quello che emerge dagli scavi archeologici nell’area della Pieve di Orzivecchi. Un racconto che ora fa riemergere il culto anche romano della divinità celta Borgolio. A lui è infatti dedicata l’ara riportata alla luce nel corso dell’indagine promossa lo scorso autunno dalla parrocchia e dall’associazione Amici della Disciplina, e condotta dagli archeologi Alex Verdi e Alberto Crosato sotto la direzione di Sandro Guerini e la supervisione del sovrintendente Andrea Breda. «L’ara sacrificale del primo secolo dopo Cristo, in marmo di Botticino e del peso di circa 5 quintali, è dedicata al dio Bolgolio e presenta nella parte superiore evidenti segni di bruciature dovuti al fuoco che veniva acceso per bruciare incensi e altri doni - spiega il presidente degli Amici Giuseppe Busetti -. Sulla facciata dell’altare si legge la dedica alla divinità da parte di Terzo Donnedo, figlio di Tertullo, conclusa dalle iniziali della formula V.S.L.M. (votum solvit libens merito)». «L’IPOTESI più verosimile, accreditata da Gian Luca Gregori dell’Università La Sapienza di Roma, afferma che Bolgolius era una divinità celtica locale dei commerci - prosegue Busetti -. Quanto alla famiglia Donnedo era certamente di origine celtica, e i suoi membri non erano cittadini di Roma, ma facevano parte della nobiltà celta presente prima che l’Italia settentrionale entrasse nell’orbita di Roma. Queste famiglie erano chiaramente integrate nell’impero, ma erano anche fedeli alle loro tradizioni e ai loro dei, che convivevano con le nuove divinità latine». Il culto per Bolgolio sarebbe proseguito in questa parte della Bassa fino all’avvento del cristianesimo, quando venne eretta la Pieve di Bigolio. «A Orzivecchi - continua Busetti -, sulle rovine del tempio pagano i cristiani costruirono la loro Pieve utilizzando il cippo celta come pietra angolare del nuovo edificio, ma ponendo la scritta rivolta verso il suolo in segno di disprezzo per la vecchia religione». La scoperta dell’ara apre anche la via a una nuova interpretazione sull’origine del termine Bigolio, che finora gli storici facevano derivare da «Vicus Ollei», ossia villaggio del fiume Oglio. Vista l’assonanza dei due termini, il toponimo potrebbe invece derivare appunto da Borgolio, anche se pare difficile che i cristiani abbiano scelto un nome pagano per il luogo in cui, secoli dopo la posa dell’altare, è nata la pieve. •

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