«Chiese, l’incubo legionella»

La foto dei comitati simbolo delle condizioni di sofferenza del Chiese
La foto dei comitati simbolo delle condizioni di sofferenza del Chiese
La foto dei comitati simbolo delle condizioni di sofferenza del Chiese
La foto dei comitati simbolo delle condizioni di sofferenza del Chiese

Il tratto del lago d'Idro che si immette nel Chiese è rimasto a secco. E la situazione è simile a valle, nella Bassa bresciana. Le immagini del comitato Gaia di Gavardo sono diventate in poche ore il «simbolo» dell’allarme climatico della nostra provincia, ma soprattutto della sofferenza di un fiume al centro di uno stress ambientale che va oltre l’emergenza siccità. Immagini «più forti di cento assemble e manifestazioni», sottolinea il presidente Filippo Grumi, che sollecita un'inversione di rotta: «Prima l'acqua deve restare nei fiumi, che devono essere mantenuti in vita garantendo l'esistenza di fauna, flora e falde. Poi si può pensare di prelevare acqua per l'agricoltura, l'industria e per produrre energia. In questo momento si sta facendo l’esatto contrario». Un problema sollevato dal punto di vista sanitario anche dal consigliere provinciale di Trento Alex Marini (M5S): «siamo di fronte a una situazione analoga a quella che nel 2018 portò al diffondersi di un’epidemia di legionella», quando l'onda batteriologica infettò quasi mille persone, provocando almeno sette morti nell'enclave di confine compresa tra la Bassa e Mantova. Un'epidemia, che aveva avuto come epicentro Montichiari e altri paesi affacciati sul basso corso del fiume innescata proprio dal Chiese e amplificata dalle torri di raffreddamento delle aziende che alimentavano i propri impianti con l'acqua prelevata dal fiume e dalla sua rete di affluenti. Un'acqua ridotta a una poltiglia densa dalla siccità e dalle alte temperature, che trasformò il Chiese in una sorta di brodo di coltura batterica. «Le prescrizioni di Ats per mettere al sicuro la popolazione e il Chiese non sono mai state adottate a nessun livello istituzionale – incalza Grumi -. E non lo si è fatto nemmeno per il progetto del depuratore del Garda». Anche per questo i comitati Gaia, La Roccia e Visano Respira, che ritengono il progetto del mega depuratore del Garda «poco lungimirante», chiedono «una verifica di sostenibilità idraulica del Chiese». Quanto alla crisi idrica, i tre comitati denunciano «l’assenza della Provincia nella partita sui prelievi di acqua dal Benaco, che ha demandato le scelte al segretario della Comunità del Garda, ente portatore di interessi spesso opposti a quelli bresciani e lombardi. Il silenzio su questo aspetto rilevante da parte del presidente del Broletto Samuale Alghisi e del consigliere delegato al Ciclo idrico Marco Apostoli certifica che all'interno della provincia di Brescia esiste una enclave di Comuni, quelli gardesani, di fatto autonomi nella loro rappresentanza, che credono di appartenere già alla Regione del Garda». Anche sulla questione delle perdite degli acquedotti, i tre comitati rilevano «l'inaccettabile programmazione ventennale di Ato per ridurre la dispersione. Un risultato che mette in discussione un ente di controllo che, pur essendo a conoscenza da anni della situazione, ha ritenuto di investire tempo e risorse per una finta emergenza, quella della “bomba ecologica” della sublacuale che giustificava la realizzazione urgente del costosissimo mega collettore del Garda a servizio di soli 12 Comuni». •.

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