Era ai domiciliari e faceva prostituire una sua amica Una 45enne torna in cella

di V.MOR.
Un agente che si finge  cliente delle prostitute non inficia l’indagine
Un agente che si finge cliente delle prostitute non inficia l’indagine
Un agente che si finge  cliente delle prostitute non inficia l’indagine
Un agente che si finge cliente delle prostitute non inficia l’indagine

Aveva trasformato il suo alloggio-prigione dove scontava una pena agli arresti domiciliari, in una casa a luci rosse, dove costringeva una connazionale a prostituirsi. L’attività di sesso a pagamento era stata scoperta dagli agenti della Polizia locale di Montichiari e per la 45enne romena, oltre alla condanna per il reato favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione era scattata la revoca dei domiciliari. PER LA STRANIERA, che sta scontando una pena a quattro anni per reati fiscali, si erano aperte le porte del carcere. Il provvedimento del Tribunale di sorveglianza di Brescia e il verdetto dei giudici di secondo grado era stato impugnato dai legali della 45enne in Cassazione. Nel mirino del ricorso erano finiti i metodi investigativi della Polizia locale. «Il reato sarebbe stato indotto da un agente provocatore che sotto mentite spoglie aveva contatto la 45enne spacciandosi per un cliente», si legge nella memoria difensiva. Una tesi giudicata insussistente dalla Suprema corte che ha riconosciuto la correttezza dell’operato della Polizia locale che aveva avviato le indagini monitorando i messaggi promozionali con cui la romena contattava sul web i potenziali clienti. L’offerta di massaggi a domicilio era accompagnata da piccanti doppi sensi a sfondo sessuale. Ad alimentare i sospetti il via-vai di uomini dalla palazzina dove la 45enne era ai domiciliari. A quel punto un agente si è finto cliente fissando un appuntamento hard. Entrato nell’alloggio dove si sarebbero dovute svolgere sessioni di massaggi rilassanti, all’agente è stato chiaro che le prestazioni offerte erano altre. I colleghi hanno così fatto irruzione nella casa. I SUCCESSIVI accertamenti hanno consentito di appurare che a prostituirsi era un’amica connazionale della romena. I proventi del sesso a pagamento venivano per lo più incamerati dalla proprietaria dell’alloggio. La ragazza costretta a vendere il suo corpo riceveva solo vitto e alloggio e qualche spicciolo. Un aspetto valso alla romena anche l’imputazione di sfruttamento della prostituzione.

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