Il caso inquinamento infiamma la «corsa» ai templi crematori

di Cinzia Reboni
Templi crematori: la protesta si allarga a tutto il territorio
Templi crematori: la protesta si allarga a tutto il territorio
Templi crematori: la protesta si allarga a tutto il territorio
Templi crematori: la protesta si allarga a tutto il territorio

Quanto inquina un tempio crematorio? Attorno alla risposta imperversa una battaglia scientifica alimentata dalla corsa alla nuova frontiera del caro estinto. In effetti gli studi sono pochi, perchè la domanda di cremazione ha subíto un boom solo negli ultimi anni. Nella ricerca allegata al ricorso al Tar contro l’impianto crematorio di Quinzano, presentato da 130 tra privati e aziende, vengono citati i risultati di uno studio dell’Associazione Medici per l’Ambiente. «L’incenerimento - affermano gli esperti - alimenta l’emissione di sostanze altamente nocive, quali particolato ultrafine, monossido di carbonio, ossidi di azoto e zolfo, composti organici volatili e inorganici del cloro e del fluoro, metalli pesanti, oltre a mercurio, zinco, diossine-furani». Ma se il progetto di Quinzano resta «congelato» dalla battaglia legale, in Regione pendono le richieste avanzate da joinventure pubblico-private per realizzare templi crematori o ampliare le strutture esistenti a Chiari, Cadignano di Verolanuova, Alfianello, Palazzolo e la città. La gestione di un impianto garantisce del resto grandi utili. E il fenomeno divide anche la politica. «Una follia», secondo Ferdinando Alberti, consigliere del M5S in Regione. Il Pirellone nel 2015 aveva presentato una delibera che apriva le porte agli impianti. E nel giugno scorso ha individuato i fabbisogni di cremazione, e quindi i nuovi impianti da realizzare. Tra questi, il contestato tempio di Quinzano. La stessa delibera fu impugnata dall’allora commissario prefettizio di fronte al Tar, che ha successivamente deliberato la sospensiva dell’atto, rimandando ad aprile la decisione di merito. «Nonostante questo - sottolinea Alberti - la Regione con un decreto ha proceduto al varo di un ulteriore bando per raccogliere proposte per nuovi impianti. I Comuni dovevano presentare le istanze di richiesta entro il 31 dicembre 2020. Con una mia richiesta di accesso agli atti, si è scoperto che sono ben 26 i Comuni lombardi, tra i quali i 5 bresciani, che hanno inoltrato la domanda per poter avere un tempio crematorio o ammodernare l’esistente». A parere di Alberti «una corsa così frenetica è assurda, perchè gli inquinanti che gli impianti emettono sono, come confermano diversi studi, ma anche gli stessi costruttori, molteplici e molto pericolosi - sostiene il consigliere regionale -. Stiamo parlando di monossido di carbonio, ossidi di azoto, diossido di zolfo, Pm2,5 e Pm10, i composti organici volatili, la formaldeide, diossine, furani, idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti inclusi mercurio, piombo e cadmio. Una lunga lista che dovrebbe far riflettere, ma che invece non pare nemmeno essere stata presa in considerazione da quei sindaci che un forno lo vogliono a tutti i costi». PER ALBERTI, «c’è un altro aspetto grave da sottolineare: quasi tutte le Amministrazioni civiche non si sono confrontate con la cittadinanza, ma soprattutto non hanno chiesto un parere ad esperti e tecnici del settore. I sindaci sono la prima autorità sanitaria di ogni paese. Il loro compito dovrebbe essere quello di assicurare e tutelare la salute dei cittadini». •

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