«Il depuratore sarà
un disastro ecologico
e anche finanziario»

di Cinzia Reboni
I sindaci del Chiese pronti a tutto: «Fermeremo il depuratore»
I sindaci del Chiese pronti a tutto: «Fermeremo il depuratore»
I sindaci del Chiese pronti a tutto: «Fermeremo il depuratore»
I sindaci del Chiese pronti a tutto: «Fermeremo il depuratore»

Pronti a tutto per impedire che i reflui fognari prodotti sul Garda vengano depurati nei mega impianti di Gavardo e Montichiari. Sindaci della Valle del Chiese e comitati hanno ora carte potenzialmente vincenti da giocare al Tavolo aperto dal ministero dell’Ambiente. La task force di tecnici ingaggiata da Comuni e ambientalisti ha prodotto un dossier di oltre 250 pagine consegnato giovedì al ministro Sergio Costa, che attraverso dati scientifici solleva dubbi e perplessità. Una relazione che smonta pezzo per pezzo le conclusioni dello studio commissionato da Acque Bresciane all’Università di Brescia che indica negli impianti sul Chiese - Peschiera smaltirebbe solo i reflui di Desenzano e Sirmione - la soluzione migliore. LA MOBILITAZIONE corre su binari paralleli - comitati da una parte, istituzioni dall’altra - «ma va verso un unico obiettivo - sottolinea il sindaco di Gavardo, Davide Comaglio -. Stiamo cercando di dimostrare in tutti i modi che la soluzione progettata da Acque Bresciane non è la più adatta, né per noi, né per il lago di Garda». E la dimostrazione è scritta nero su bianco dai tecnici nominati dai sindaci - Giuseppe Magro di Algebra per Montichiari e Luca Bonetti di Ecosanitas per Gavardo, con il supporto di Maurizio Siligardi, Marco Pietropoli, Filippo Grumi, Christian Grazioli e Stefano Guarisco -, che ieri hanno presentato nei dettagli le osservazioni inviate al ministro Sergio Costa. «Il lavoro dei tecnici ha messo in evidenza principalmente due aspetti - ha spiegato il sindaco di Montichiari, Marco Togni -: innanzi tutto, lo studio prodotto dall’Università di Brescia ha utilizzato criteri discrezionali, ottenendo risultati non oggettivi e di parte. Inoltre, la soluzione Gavardo-Montichiari è la meno adatta, sia ai fini della tutela dell’ambiente che sotto l’aspetto economico. Chi vorrà portare avanti questo tipo di progetto, nonostante le nostre osservazioni, dovrà venire qui a fornirci le motivazioni e le giustificazioni del caso - incalza Marco Togni -. Il ministero all’Ambiente, con i 100 milioni di contributo, è di fatto il “socio di maggioranza” di tutta l’operazione: i rimanenti 120 milioni di euro li dovranno sborsare tutti i cittadini nelle future bollette, non soltanto per la realizzazione degli impianti, ma anche per il loro mantenimento ed i costi di gestione». Che ricadranno ovviamente non solo sulla popolazione del Garda, ma anche su quella della Valsabbia. Il Tavolo tecnico aveva dato un mandato preciso: calcolare e valutare gli impatti ambientali del progetto sui corpi recettori. «A questo proposito, ci sono due punti chiave che assumono una rilevanza straordinaria - sottolinea Magro -: innanzi tutto il “cumulo degli impatti“, che deve tenere in considerazione tutti i potenziali impatti sul fiume Chiese nei prossimi anni. Se Gavardo presenta temi più legati alla sostenibilità, Montichiari è uno dei Comuni con più impatti cumulativi di tutta Europa. Una goccia in un vaso pieno fa la differenza, ma qui non stiamo parlando di una goccia». Anche il «tema forte» portato avanti da Acque Bresciane sul riutilizzo dell’acqua per l’irrigazione, «non sta in piedi - aggiunge Bonetti -: l’acqua del Chiese subisce, soprattutto nel periodo estivo, riduzioni consistenti dovute ai prelievi fatti per uso irriguo, ma il beneficio rappresenta soltanto l’1% rispetto alla disponibilità attuale». I tecnici tornano poi sul problema del «sollevamento» dei reflui verso Tormini, superando un dislivello di 130 metri, «più alto del Crystal Palace - spiega Bonetti -: pompare centinaia di litri al secondo si traduce nella necessità di fare una stazione di pompaggio, e portare i reflui da Salò a Gavardo richiederebbe un assorbimento di energia di oltre 18 Gwh all’anno, con una produzione di ben tremila tonnellate di anidride carbonica dispersa in atmosfera. Operazione che peraltro richiede un extra costo di un milione di euro l’anno». Un meccanismo incompatibile anche dal punto di vista finanziario. «Il vero problema è la salute del lago di Garda, ed un progetto che prevede di risolverlo in dieci anni è una follia - aggiunge Filippo Grumi -. Senza contare le criticità esistenti: da Tignale e Limone, che scaricano nel lago, per non parlare degli scarichi abusivi censiti a Desenzano. Quello che si sta ipotizzando è che le tre regioni che si affacciano sul Garda abbiano tre modelli depurativi diversi, ma il bacino è uno solo. La suddivisione in orticelli è assolutamente sbagliata: il lago di Garda deve essere visto nel suo insieme ambientale ed ecologico». LE CRITICITÀ ambientali che impediscono al fiume Chiese di divenire corpo recettore per i reflui del Garda risiedono in molteplici fattori: «la portata de fiume è suscettibile di una grande variazione durante l’anno e nei mesi estivi, nei pressi di Montichiari, riduce il fiume a poco più che un rigagnolo - spiega Grumi -. Le limitatissime portate sono dovute anche alla dispersione in falda del fiume, lungo il tratto che va da Ponte San Marco a Montichiari. Un aspetto che caratterizza purtroppo in modo negativo il Chiese, in quanto i moti di filtrazione portano le sostanze inquinanti disciolte nell’acqua direttamente in falda. Il nuovo impianto di depurazione previsto a Gavardo produrrebbe l’immissione di azoto in falda valutabile in almeno 20 tonnellate annue in un ambito territoriale che la stessa Regione classifica “totalmente vulnerabile“ per quanto riguarda la contaminazione delle falde acquifere da nitrati». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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