Il Piano cave
ripartirà da zero
tra polemiche e recriminazioni

di Cinzia Reboni
Si va verso l’autorizzazione di altri 8 milioni di metri cubi di scaviIl Piano cave della Provincia di Brescia  dovrà essere riscritto da capo
Si va verso l’autorizzazione di altri 8 milioni di metri cubi di scaviIl Piano cave della Provincia di Brescia dovrà essere riscritto da capo
Si va verso l’autorizzazione di altri 8 milioni di metri cubi di scaviIl Piano cave della Provincia di Brescia  dovrà essere riscritto da capo
Si va verso l’autorizzazione di altri 8 milioni di metri cubi di scaviIl Piano cave della Provincia di Brescia dovrà essere riscritto da capo

É bastato un numero sbagliato per far «saltare» il Piano cave della Provincia, venuto alla luce il 9 novembre scorso dopo una sofferta ed estenuante gestazione. Il dato Istat di 380.965 metri cubi corrisponde infatti al volume di «ampliamento residenziale» dell’anno 2008 e non al «nuovo residenziale», come erroneamente inserito in tabella, che è invece di 2.461.705 metri cubi. Cambia dunque tutto, ed il fabbisogno di sabbia e ghiaia per i prossimi dieci anni aumenta di circa 8 milioni di metri cubi. Che, aggiunti ai 41,5 già ipotizzati ed ai 5 milioni di metri cubi provenienti dalle fonti alternative come terre e rocce da scavo, rifiuti edili e scorie di acciaieria, porta ad un nuovo totale di 54,5 milioni. Ora bisogna riavvolgere il nastro e ripartire da capo. O quasi. «L’errore, davvero macroscopico, è emerso in seguito ad alcuni confronti e incontri tecnici. É del tutto evidente che si è trattato di una svista, ma a questo punto non è possibile portare avanti un Piano illegittimo - spiega Guido Galperti, vicepresidente della Provincia -. Fra 20 giorni pubblicheremo la nuova proposta con la variante sostanziale. Non potevamo correggerlo facendo finta di niente: ci siamo “autodenunciati“, perchè bisogna rimediare agli errori». Errore che - è bene precisarlo - non è imputabile ai tecnici della Provincia, quanto all’Università di Brescia, incaricata di stendere il Piano, sul quale il Broletto ha investito più di 200 mila euro. «Lo studio è indubbiamente completo ed esaustivo. Peccato per quell’algoritmo...», sottolinea Galperti. NEL FRATTEMPO, le 93 osservazioni presentate in Broletto dovranno essere ripresentate entro 60 giorni, dal momento che sono state espresse su un Piano inficiato da errori materiali. «Così come siamo stati costretti a ripubblicare il Piano, bisognerà ripresentare anche le osservazioni, anche se alcune nella sostanza non cambieranno, dal momento che non sono strettamente legate al quantitativo ma si riferiscono ad altri aspetti». Osservazioni che, nello specifico, sono state presentate da 53 operatori del settore, oltre a 15 stakeholders, 13 Comuni, 7 soggetti privati interessati e 5 altri enti. É inevitabile che l’aumento delle quote di escavazione abbia gettato benzina sul fuoco delle polemiche dei Comuni più esposti alle cave che già ritenevano ingiustificate le previsioni. Gli emendamenti del Comune di Borgosatollo si concentrano, oltre che sui numeri, anche sull’utilizzo delle fonti alternative. «Bisognerebbe puntare molto di più sul recupero di materiale come rocce e terre da scavo - spiega il sindaco Giacomo Marniga -. Il che porterebbe ad una minore escavazione di sabbia e ghiaia. Penso a Montirone, che secondo il Piano perderebbe il 25% del proprio territorio calpestabile. Escludo che tutto questo possa verificarsi, ma il presupposto è decisamente sbagliato. Mi auguro che la Provincia faccia le opportune verifiche e faccia soprattutto delle scelte: ad amministrare devono essere i politici, non i docenti universitari». Sul periodo preso in esame nello studio dell’Università è critico anche il sindaco di Montichiari Marco Togni. «Per stilare un Piano cave bisogna “osservare“ i minimi e i massimi di un decennio e fare una stima per il futuro. Lo studio prende come riferimento gli anni dal 2008 al 2017, ma secondo noi i conti bisogna farli dal 2010 al 2019. Spostando i dati di due anni, e avvicinandoci quindi di più al fabbisogno attuale, secondo i nostri calcoli non solo non vanno previsti ulteriori 8 milioni di metri cubi, ma addirittura ne servirebbero cinque di meno». IL NUOVO PIANO va invece nella direzione auspicata da Aib. «I 70 milioni di metri cubi del vecchio Piano erano un numero importante, ma 41 sono un po’ pochi», aveva dichiarato il presidente del settore Industrie estrattive Corrado Gatti, per il quale «un dato più rispondente alla realtà potrebbe essere nell’ordine dei 45 milioni, perchè i quantitativi attribuiti ad alcune aziende sono talmente bassi che rischiano di non farcela». «Il Piano deve durare dieci anni - precisa Galperti -: come facciamo a sapere esattamente quello che accadrà? Il fabbisogno viene calcolato in maniera tecnico-scientifica, e per gli operatori non è mai sufficiente, tanto che la domanda avanzata da 77 richiedenti è stata di quasi cento milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia. Tutto in questo momento, se si guarda la legislazione, fa pensare ad un incremento sul fronte dell’edilizia, delle strade e delle infrastrutture. É vero: il precedente Piano aveva previsto 70 milioni di metri cubi e ne sono stati utilizzati la metà. Ma bisogna essere elastici. Io spero che ne servano di più, perchè significherebbe che l’economia riprende a girare». Il Piano - che riguarda sabbie, ghiaie e argille - ha anche ridotto gli Ambiti estrattivi, passati da 52 a 39. •

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