Il Tar spegne l’impianto di trattamento liquami

di C.REB.
Impianti a biogas: stop dal Tar
Impianti a biogas: stop dal Tar
Impianti a biogas: stop dal Tar
Impianti a biogas: stop dal Tar

Il Tar affossa l’impianto di trattamento liquami che avrebbe dovuto vedere la luce a Orzinuovi, un’operazione osteggiata con forza dagli ambientalisti della Bassa. I giudici amministrativi hanno rigettato la doppia richiesta della società Bioval - poi diventata Laborex Italia - di annullare i provvedimenti di Provincia e Comune che avevano negato l’autorizzazione al progetto. Un ricorso è stato dichiarato improcedibile, l’altro è stato respinto. Caduta di conseguenza anche la richiesta di risarcimento danni avanzata dai privati. L’impianto avrebbe dovuto produrre energia elettrica da fonti rinnovabili. La struttura sarebbe stata alimentata dal biogas della decomposizione di biomasse composte da una miscela di reflui zootecnici, sottoprodotti agricoli, scarti agroindustriali e frazione organica di rifiuti solidi urbani. Il complesso si sarebbe esteso su una superficie complessiva di 39.621 metri quadri distribuiti tra impianti coperti, piazzali, container e aree verdi. La società aveva impugnato le conclusioni dell'istruttoria del Broletto sostenendo come il parere negativo fosse in contraddizione con il quadro normativo sulle fonti rinnovabili e censurato la decisione della Giunta a suo modo di vedere «viziata da incompetenza in quanto la decisione sarebbe spettata ad organismi tecnici comunali». I giudici del Tar hanno invece riconosciuto come pienamente legittime le valutazioni che hanno portato alla bocciatura dell’operazione. Il digestore - si legge nella sentenza - «prevede che i processi di trattamento dei reflui sono sostenuti da caldaie funzionanti a metano erogato dalla rete di distribuzione nazionale, pertanto l’impianto non persegue l’obiettivo di riduzione dell’utilizzo delle fonti non rinnovabili». NELLA RELAZIONE dei privati non erano certificati i valori dei metalli nei reflui trattati. L’impianto inoltre «avrebbe avuto ricadute significative in termini di massa annuale emessa, per quanto riguarda le polveri ed in particolare gli ossidi di azoto», principale causa dell’inquinamento dell’aria in provincia di Brescia. Le soluzioni tecniche previste dai promotori del progetto non avrebbero messo al riparo una zona già ostaggio dei cattivi odori provocati dalla fertirrigazione. Il Tar ha legittimato anche il parere della Provincia circa i rischi di contaminazione della falda sotterranea e l’impatto paesaggistico insostenibile degli imponenti digestori. Il parere contrario del Comune «non è fondato solo su ragioni urbanistiche - argomentano i giudici nelle motivazioni del pronunciamento-, avendo l’ente locale individuato criticità anche in relazione all’aumento del traffico determinato dagli automezzi che trasporteranno i materiali in entrata e in uscita dall’impianto, con conseguente logorio degli assi viari e della qualità dell’aria, e in relazione alla pericolosità dei materiali, compresi gli scarti dell’industria agroalimentare, impiegati nel processo di produzione dell’energia». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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