L’ex fabbrica di bici «Vivi»
diventerà un terminale
della grande distribuzione

C’è un futuro commerciale per la fabbrica dismessa Vivi
C’è un futuro commerciale per la fabbrica dismessa Vivi
C’è un futuro commerciale per la fabbrica dismessa Vivi
C’è un futuro commerciale per la fabbrica dismessa Vivi

Da storica «fucina» delle prime mountain bike approdate in Italia a futuro supermercato il passo non è stato breve nè scontato. Ma la riconversione dell’area industriale dismessa della «Vivi», storica fabbrica di Pontevico non è mai stato così vicino. Una delle più radicate catene nazionali della grande distribuzione ha definito l’acquisto dello stabilimento di via Brescia che ha cessato l’attività quattordici anni fa. Da allora per il comparto industriale del paese è iniziato un rapido declino. Attualmente l’area di 24 mila metri quadri, poco più della metà coperti, versa in uno stato di degrado, assediata da una vegetazione spontanea cresciuta attorno ai capannoni. Ma proprio in questi giorni è iniziata la bonifica, prologo dell’avvio di un progetto di riconversione piuttosto complesso anche alla luce della necessità di verificare se nelle coperture è presente amianto. Stando alle poche indiscrezioni trapelate sull’operazione tuttavia, l’agenda fissata dal gruppo commerciale presenta tempi molto stretti, tanto più che sul piano urbanistico non saranno necessarie varianti radicali considerato che il 40% del comparto è già a uso commerciale. Il cronoprogramma di massima ha addirittura stabilito come «open-line» il dicembre del 2016.

LA CESSIONE della Vivi avrà per Pontevico una tripla ricaduta positiva: non solo il Comune incasserà un consistente pacchetto di oneri ma vedrà risolto uno dei «nodi» urbanistici più intricati considerato che l’apertura del supermercato andrà a riqualificare un quadrante del paese degradato proprio dalla presenza dei relitti industriali. L’avvento di un altro punto vendita della rete della grande distribuzione avrà effetti benefici anche sull’occupazione locale.

Pontevico si prepara dunque a dare una mano di scolorina sull’ennesima pagina di storia industriale. Prima il successo, poi il declino Vivi è stata protagonista delle stesse parabole dell’Omas e della Scalvenzi. Aperta per proseguire la produzione di ciclomotori di un marchio torinese (il Vi Vi 50 Sport fu un mito degli anni Sessanta), la Vivi si riconvertì alle biciclette diventando leader nei modelli da turismo e nelle mountain bike. Poi agli inizi degli anni 2000 la crisi e la chiusura.R.PR.

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