L’oleodotto
Nato fa acqua:
scatta l’allerta

di Valerio Morabito

Valerio Morabito Le condutture dell’oleodotto sotterraneo della Nato che sboccano a Ghedi hanno bisogno di un radicale e urgente restyling. A certificarlo sono le conclusioni della commissione di inchiesta del Comune di La Spezia da dove parte la megaconduttura che rifornisce di carburante speciale gli aerei militari del Nord Italia. Da due condotte su tre sono già diventate «inoperative» e risultano invasate d’acqua. Mentre sulla terza sono stati fatti interventi urgenti nel 2014. È questa la situazione dell'infrastruttura che rappresenta il solo punto di ingresso via mare per il combustibile che permette di far spiccare il volo agli aerei dislocati nei presidi militari di Ghedi, Villafranca di Verona, Aviano, Istrana e Rivolto.

UNA VICENDA ben conosciuta dagli organi della Nato, che già nel 2012 avevano posto la loro attenzione in uno studio «sull’accentuato fenomeno corrosivo di tutte e tre le condotte», e sulla «impossibilità di determinarne lo stato conservativo dopo trent’anni in un ambiente difficile come quello marino». Sì, perché prima di arrivare nel Bresciano le tubature dell'oleodotto transitano per diversi chilometri nel mar Ligure. Sta di fatto che delle condutture che trasportano carburante addittivato per aerei e che scorrono sotto i piedi di circa 30 mila abitanti della Bassa, oltre a transitare in 136 sindaci dei comuni del Nord ovest, non si sarebbe saputo nulla se non fosse stato per l’Aeronautica la quale ha pubblicato un bando per far progettare una piattaforma di accosto che sostituisca le tre sea-line. Negli allegati al progetto è emerso che le condotte sono il «primo punto di crisi del sistema» e che «un cedimento strutturale provocherebbe un inquinamento del golfo ligure con conseguenze enormi». Sullo status delle tubature dell'oleodotto Nato, però, ci sono versioni contrastanti. Se nel bando del Ministero della Difesa sono emerse le problematiche inerenti due condotte, nell'audizione che si è tenuta al Comune di La Spezia da parte dell’alto ufficiale dell’Aeronautica Roberto Ruaro, è stato messo in evidenza che oggi tutto «l’oleodotto è efficiente e certificato», e che le parole allarmanti e i disegni contenuti nello studio sono «fuorvianti», perché è «antecedente alla posa della nuova condotta nel 2014». Al momento la Nato starebbe usando solo una tubatura per trasportare carburante a Ghedi e negli altri presidi militari. Le altre due, invece, sono «inoperative anche se efficienti». Come emerso in una nota della Difesa tuttavia, l’appalto di progettazione nasce «dall’esigenza Nato di poter risolvere le problematiche connesse allo stato conservativo delle condotte sottomarine e di adeguare a norma l’unico punto marittimo di introduzione e prelievo di combustibile jet del sistema oleodotti del Nord Italia, il Nips». Intanto, nei prossimi giorni, verranno aperte le buste per conoscere il nome del progettista del nuovo pontile dell'Aeronautica militare a Punta San Bartolomeo, che fa parte di una infrastruttura strategica per tutte le basi italiane e Nato del Nord Italia. Al momento le navi che scaricano il carburante per gli aerei attraccano a distanza dalla costa, svuotando le cisterne tramite una condotta sottomarina. Da qui il materiale raggiunge una stazione di pompaggio alle Pianazze e poi prosegue attraverso le stazioni di transito fino alla Pianura Padana. Quella bresciana si trova nei pressi dall'aerobase di Ghedi, per la precisione, si trova vicino al confine con Montichiari. A Parma si trova la sede del Comando Rete Pol (Petroleum Oil Lubricant) che monitora questo enorme flusso che ha toccato l'apice dello sfruttamento durante i bombardamenti sul Kosovo nella seconda metà degli anni Novanta.

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