Ventinove sindaci «blindano» le acque dei fiumi di pianura

di Valerio Morabito

«Mai più fiumi agonizzanti, trasformati in rigagnoli asciutti d’estate e pericolose masse d’acqua impetuose in autunno». Ventinove sindaci bresciani blindano il Mella e del Chiese. Quello siglata non è l’ennesima dichiarazione d’intenti destinati a restare sulla carta, ma una sorta di ultimatum alle istituzioni. Il documento verrà approvato in tutti i Consigli comunali. A fare da battistrada sarà Montichiari il 18 dicembre. Poi toccherà agli altri paesi, ovvero Acquafredda, Bagnolo, Bedizzole, Borgosatollo, Botticino, Calcinato, Calvisano, Carpenedolo, Castenedolo, Gambara, Ghedi, Gottolengo, Isorella, Leno, Lonato, Mazzano, Montirone, Nuvolento, Nuvolera, Pralboino, Pavone, Poncarale, Prevalle, Rezzato, San Zeno, Remedello, Visano e Brescia. La mobilitazione ha un carattere interprovinciale perché coinvolge anche i Comuni mantovani di Castiglione, Medole, Asola, Acquanegra sul Chiese e Solferino. L’AGENDA SI ARTICOLA su 5 punti relativi alla regimentazione delle acque e alla tutela dei fiumi dal punto di vista ambientale. A ispirare la linea l’ultima relazione dell’Arpa che afferma come «l’asta del Chiese ha acque eccellenti nell’alto corso, buone fino all’uscita dell’Eridio. Poi la situazione peggiora in modo pesante a valle». I sindaci hanno chiesto alla Regione di «prendere consapevolezza del progressivo calo della disponibilità di risorsa idrica naturale, soprattutto nel periodo estivo, e garantire l’attuale regolazione del sistema del lago d’Idro attraverso delle residue capacità d’invaso in alta quota, per garantire benessere al fiume». Un corso d’acqua arido del resto rischia di diventare un pericoloso ricettacolo batterico come avvenuto per il Chiese in occasione dell’epidemia di polmonite e legionella. I SINDACI SOTTOLINEANO che il problema non può essere risolto semplicemente aprendo il rubinetto dell’Eridio attorno a cui ruota un’economia turistica non trascurabile. Occorre dunque «mettere in campo azioni di razionalizzazione dell’uso della risorsa ricorrendo, dove possibile anche a trasformazioni localizzate del metodo irriguo tradizionale, e reperendo risorse con nuovi invasi di pianura», Tre le istanze avanzate dai Comuni c’è anche «la necessità di proseguire le opere di messa in sicurezza per continuare nel processo volto alla mitigazione e difesa dal rischio idrogeologico dei nostri territori» e infine occorre «conservare un metodo irriguo tradizionale in grado di salvaguardare il sistema ambientale di pianura fondato sulla millenaria cultura dell’acqua che ha formato e disegnato i nostri luoghi». •

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